“Vergogna”. Il termine è forte. E l’invettiva è generale. Parte dal papa. E’ ripresa da partiti e istituzioni. Echeggia nelle parole dei soccorritori e degli abitanti di Lampedusa. Coinvolge, in un moto di generale commozione, il ministro Alfano. Rimbalza di qua e al di là delle Alpi. E però, curiosamente, questo invito pressante e drammatico al “mea culpa” è senza destinatari. Insomma, non si riesce a capire chi dovrebbe vergognarsi. E di che cosa.
Secondo le nostre autorità, l’Italia non ha responsabilità alcuna. Il pattugliamento nel Mediterraneo è sempre stato svolto con misura e umanità. Le nostre leggi, e in particolare la Bossi-Fini (lo ha detto Alfano, senza che nessuno gli desse sulla voce) non possono essere oggetto di “polemiche pretestuose”. E le nostre, peraltro imprecisate, carenze nella politica di controllo dell’immigrazione sono dovute semplicemente al mancato sostegno dell’Europa.
A Bruxelles, come nelle altre grandi capitali europee si fanno, poi, orecchie da mercante. Ma evitando accuratamente ogni polemica. E questo perché l’Europa, nel caso specifico, non ha nulla da offrirci. Ma anche nulla da rimproverarci. Nulla da offrirci perché, come dovrebbe essere noto, non esiste una politica comune in materia di immigrazione. Nulla da rimproverarci perché la linea generale che si va affermando un po’ dovunque è quella del respingimento, non dell’accoglienza.
Inutile, infine, tirare in ballo il popolo italiano: che non è razzista (tutt’al più xenofobo, e perciò del tutto indifferente al colore della pelle; si fischiano alcuni giocatori di colore, ma solo perché fanno parte della squadra avversaria) lo hanno dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, gli abitanti di Lampedusa.
Rimangono, allora, la coppia Kyenge-Boldrini e gli scafisti. La prima incolpata – non da Borghezio, ma dalla Lega 2.0 – di avere indotto, con le sue aperture permissivistiche, nuove valanghe migratorie a muovere verso il nostro paese. I secondi definiti negrieri e mercanti di morte, e ritenuti principali responsabili del disastro umanitario in corso nel Mediterraneo. Due sciocchezze. La prima moralmente spregevole. La seconda intellettualmente grave. Ambedue radicate in una totale ignoranza della realtà dell’immigrazione.
Dovrebbe, infatti, essere chiaro a qualsiasi persona di buonsenso che chi vuole emigrare non è un bambino indotto dal Lucignolo di turno ad andare nel paese dei balocchi: sa benissimo, perché informato sui fatti, che in Italia non c’è lavoro e che la coppia Kyenge-Boldrini è assolutamente irrilevante. Ma chi sta giuocando tutte le sue carte su di un progetto diverso di vita non si vede come una vittima o come uno schiavo alla catena, bensì come una persona che, nel pieno delle sue facoltà, rischia la vita su una barca perché tutte le altre strade gli sono precluse.
E allora forse è di questo che dovremmo vergognarci.. Non della nostra indifferenza morale. Ma della nostra procurata cecità intellettuale. Insomma, del fatto che da anni il nostro Stato e le nostre forze politiche (in particolare quelle di sinistra) hanno delegato, anzi abbandonato, alla Lega la narrazione politica sull’immigrazione (con l’uso generalizzato del termine “clandestino”, che applicato, come in questi giorni, ai vivi e ai morti di Lampedusa è intellettualmente criminale), e al mondo cattolico la sua gestione e la sua rappresentanza.
Una totale latitanza politica e progettuale che, curiosamente, esclude l’immigrato persino dai paradisi artificiali del “politicamente corretto”. Da noi ogni minoranza, sfigata o meno, ha diritto ad una versione consolatoria della sua condizione: “terza età”, “gay”, ma soprattutto “diversamente abili”, e persino “diversamente berlusconiani”. Non esistono, invece, i “diversamente italiani”. Ai nostri lettori capirne il perché.