Ovvero: breve dialogo sui massimi sistemi e sulla ricerca della perfezione

Ancora una volta, il nostro paese, o più esattamente la singolarità del suo sistema politico, è al centro dell’attenzione degli studiosi di tutto il mondo.  Per tutta la seconda metà del secolo scorso rappresentavamo il “bipolarismo imperfetto”; oggi siamo diventati gli antesignani del “tripolarismo imperfetto”. E questo, dopo un ventennio dove ci eravamo ripromessi di arrivare al “bipolarismo perfetto”. Aggiungo, per cominciare a chiarire i termini della questione che, mentre la pratica del bipolarismo perfetto era durata per cinquant’anni, la ricerca di quello perfetto ne ha impegnati venti, il tripolarismo imperfetto non ha ancora trovato alcun tipo di gestione razionale. Non potendo definirsi tale il tentativo del partito A di allearsi con il partito B  e del partito B di allearsi con il partito C al preciso scopo di fotterlo (a suo vantaggio o magari a vantaggio del partito terzo) sia che accetti sia che rifiuti l’offerta. E nemmeno il generoso tentativo del  Capo dello Stato di guadagnare tempo e ragionevolezza inventandosi formule ( governi tecnico, del presidente, di scopo) che, come dice l’ultima parola, hanno il preciso scopo di guadagnare tempo.
E, allora, forse non è poco il caso di ricercare la perfezione; e soprattutto di rincorrerla affidandosi a formule, tra il magico e l’inconsistente, come le leggi elettorali.
E, ancora, forse il bipolarismo imperfetto della prima repubblica tanto imperfetto non lo era; almeno nel senso che i suoi due protagonisti, di governo o di opposizione, hanno accettato e svolto al meglio il loro specifico ruolo. Mentre quello, teoricamente perfetto, della seconda è stato gestito da interpreti non proprio all’altezza del loro compito, per oggettiva perversità o per permanente stato confusionale; con il risultato, fenomeno unico al mondo, di fare emergere il “terzo incomodo”, anch’esso completamente fuori ruolo.
Questo per dire che il “tripolarismo imperfetto”diventerà quello che lo faranno diventare i suoi protagonisti. Nel bene, cambiando sé stessi e aggiornando i propri progetti e le proprie ipotesi di alleanze. Nel male…
In ogni caso, niente scorciatoie : “errare humanum est perseverare diabolicum”. Perché significherebbe, qui e oggi, commissariare la democrazia. E allora forse è meglio passare al presidenzialismo imperfetto.