Per oltre quarant’anni, la questione israeliano palestinese è stata, insieme, una Causa e una Questione. E con le maiuscole. Fino agli anni novanta ha dominato la Causa; nello specifico l’immagine dell’Olp come simbolo e trincea avanzata della lotta contro i regimi arabi reazionari infeodati all’Occidente imperialista (con Israele nella veste di “braccio armato”).
A partire dai primissimi anni novanta – e dopo due decenni di immani disastri – è emersa la Questione. La pace tra israeliani e palestinesi come premessa fondamentale per la pace e la cooperazione all’interno di tutto il mondo arabo e tra questo e l’Occidente. Dopo, e per altri due decenni, abbiamo registrato prima l’ascesa del “progetto di Oslo”; e dopo la sua rovinosa dissoluzione; fino a tornare, pieni di ferite, al punto di partenza.
Oggi, siamo in una fase di stallo in cui Causa e Questione sembrano aver perso la maiuscola.
La prima retrocessa a disputa tra specialisti del ramo; in un contesto in cui l’Occidente è troppo occupato a piangere sui casi propri per occuparsi di quelli degli altri. La seconda vittima del disinteresse generale e dell’impotenza dei suoi protagonisti.
Sul primo punto, valga la fotografia dell’incontro tra la Clinton e il nuovo presidente egiziano, ambedue rilassati e sorridenti. Il fatto è che, per la prima volta nella storia, il mondo arabo è drammaticamente attraversato da una vera e propria crisi d’identità: sunniti e sciiti, laici e religiosi, islamici moderati e islamici fondamentalisti, potere civile e potere militare. E che, ancora per la prima volta nella storia, l’America esercita, in questo quadro, un ruolo di mediatore e non di controparte. E allora, la questione arabo-israeliana può aspettare.
Del resto i suoi protagonisti non fanno nulla per renderla attuale. Perché coinvolti, anche per impotenza propria, in una generale commedia degli inganni. Così gli europei fanno finta che esista un processo di pace e lo promuovono finanziando i palestinesi perché se ne stiano tranquilli e fingendo di prendere per buone le dichiarazioni di disponibilità di Netanyahu. Di loro, poi, i palestinesi sono incapaci di proporre qualsiasi iniziativa per rilanciare la questione e lo sanno; mentre gli israeliani vi sono totalmente indifferenti. Ancora, per la prima volta nella storia, la controparte non rappresenta, per loro, né una promessa né una minaccia.