La parola greca “skandalon” ha a che fare, insieme, con il male e con un’insidia. Diciamo, è il male che ti porti dentro, che tu sia una persona, una istituzione o una collettività. E che, se non scoperto o portato comunque alla luce, corrompe, sino alla rovina, la società in cui tu sei inserito. Di qui il precetto evangelico “oportet ut scandala evenient”. Insomma è necessario che l’ignominia nascosta venga rivelata, per provocare, insieme, attraverso l’orrore, la vergogna e il pentimento, la necessario azione di rigetto, individuale e collettivo.
E dunque: male oscuro e potenzialmente mortale; scoperta; vergogna; rigetto; catarsi. Questa la sequenza. Il cui passaggio chiave è, naturalmente, quello della scoperta.
A questo punto, l’ideale sarebbe che la rivelazione del male venisse dallo stesso organismo che lo aveva albergato in segreto. “Se il tuo braccio dà scandalo, taglialo”; è, ancora, il precetto evangelico. Ma, ancora una volta, Gesù ci chiedeva troppo; quasi ad ignorare il peso della fragilità degli uomini e l’istinto di conservazione e di potere delle loro istituzioni. Una realtà cui la Chiesa stessa doveva ben presto rendersi conto, a partire dall’abbandono della confessione come rito collettivo.
Da allora in poi, gli scandali sarebbero stati scoperti e/o denunciati da esterni; ben inteso, a loro rischio e pericolo. A partire dal fatto che, nella generalità dei casi e delle epoche, i denuncianti erano più deboli dei denunciati. Anche, e soprattutto perchè questi ultimi tendevano sempre più nel corso del tempo ad identificarsi con un ordine costituito che i primi intendevano rimettere sempre più radicalmente in discussione; fino a scuoterlo, drammaticamente, nell’immediato; per essere però successivamente “rimessi – e assai brutalmente – al loro posto”.
Con l’andar del tempo, però, le cose hanno cominciato a cambiare. In linea generale, con l’avvento della democrazia liberale che, per un verso ha “normalizzato” il confronto riducendone i rischi e la drammaticità; mentre, per altro verso, ha reso “passibile di scandalo” qualsiasi tipo di istituzione. E, in linea particolare, con il venir meno, in Europa e segnatamente in Italia, del valore e quindi della sacralità della politica e, per la proprietà transitiva, di qualsiasi rispetto per chi intenda praticarla.
In questo nuovo universo non c’è più bisogno di scoprire e/o di rivelare alcunchè; perchè il male non è oscuro ma visibile e generalizzato in un mondo in cui tutti sono colpevoli a meno di essere pregiudizialmente dichiarati innocenti. Così da trasformare lo scandalo da evento strordinario e squassante a una monotona elencazione quotidiana per iniziativa dei guardiani della virtù a ciò istituzionalmente preposti. Da seguire passivamente, magari con intimo compiacimento.
E, allora, della sequenza evangelica; insomma della scoperta del male come strumento di redenzione individuale e collettiva di una società, non è rimasto praticamente più niente. Nè scoperta, nè vergogna nè, soprattutto, catarsi. E’ rimasto solo il rigetto, potenzialmente distruttivo se, come potenzialmente è, applicabile a tutto e tutti; e perciò opportunamente incanalato sui capri espiatori di turno.
I nostri vizi incombono su di noi come l’ombra di Banco su Macbeth, e, magari, poi ignoriamo qualche piccola nostra virtù: nel gioco degli scacchi si ricordano ossessivamente le partite perse, e solo quelle.