vedi Renzi? No, miei cari: vedi seconda repubblica. Questa non ha una sua costituzione formale (per la verità l’aveva; ma è stata bocciata con un referendum); ma ne ha, eccome, una materiale. E il suo articolo primo recita così: “la Repubblica italiana è fondata sulla rottamazione”.
Si sono rottamati i partiti: della prima ma anche della seconda repubblica. Quelli del pentapartito, ridotti a sigle ibernate o allo stato di specie minacciate di estinzione. Gli altri, botanici (quercia, ulivo, rosa, girasole, margherita) o variamente italioti, che potrebbero definirsi, tutti, partiti del cactus, perchè condannati alla rottamazione da parte dei loro stessi inventori; oltre che dalla loro palese irrilevanza.
Si sono rottamate istituzioni, regole, idee; e con esse le stesse parole che le definivano (chi parla più, oggi, di questione meridionale, movimento operaio, politica industriale, classi sociali e via discorrendo?).
Si sono, infine, rottamati persino i vecchi metodi, a partire da quello delle tangenti. Una volta erano i partiti a gestirle e i privati a subirle, secondo riti collettivi. Oggi, l’iniziativa spetta ai privati; e il tutto viene gestito in ambito prettamente individuale, anzi individualistico.
Potremmo dire, in sintesi, che tutta la storia della seconda repubblica è storia di rottamazioni; in un ciclo senza fine in cui l’esigenza di affermare il nuovo fa costantemente premio su quella di conservare il vecchio.
In questa logica, Renzi non è che l’ultimo rottamatore; intento a demolire l’ultimo edificio, magari semidiroccato ma sinora scampato alla bufera; il Pd, con le tradizioni, le emozioni, i legami, le idee, i riti, le abitudini ereditate dal comunismo italiano. Possiamo, allora, appoggiarlo, in nome del nuovismo o magari della Nemesi. Oppure contrastarlo, in nome di un passato da preservare, ma per aggiornarlo. Ma, per favore, non trattiamolo da ragazzaccio impertinente o da agente del nemico (anche questa, per inciso, un’abitudine del vecchio Pci…).