La sentenza della Corte costituzionale sulla legge elettorale in vigore non resetta solo il premio di maggioranza e le liste bloccate, ma in qualche modo tutta l’esperienza politico-istituzionale della seconda Repubblica. Non a caso, del resto, la Corte ha optato per una sentenza additiva, ed ha scartato soluzioni, pur praticabili, che riportassero in vita la legge Mattarella.
Dal punto di vista temporale effettivamente le lancette tornano indietro di vent’anni. Ma non sempre l’astratta contabilità del tempo misura correttamente l’efficacia di una soluzione. Per cui, al di là delle motivazioni tecnico-giuridiche, è difficile non condividere la condanna definitiva di un intero sistema politico che i giudici costituzionali hanno implicitamente pronunciato.
Prenderne atto non significa necessariamente essere laudatores temporis acti (anche se, nel nostro caso, non mancherebbero prove indiziarie): significa essere semplicemente realisti. E rinunciare a forme di accanimento terapeutico per riportare in vita un sistema in coma.
Ora la parola, come si dice, passa al Parlamento. E’ un mantra simile a quello con cui, quando si è sotto processo, si esprime fiducia nel corso della giustizia. E’ evidente, innanzitutto, che non è questo Parlamento che potrà portare a termine il percorso della riforma costituzionale. Potrà invece, in astratto, legiferare in materia elettorale. Ma perseverare nell’anteporre la legge elettorale alla revisione della Costituzione potrebbe risultare davvero diabolico.
Meglio allora applicare la sentenza così com’è, limitando l’intervento parlamentare alla disciplina del voto di preferenza. Così se non altro il prossimo Parlamento, quando verrà eletto, potrà utilizzare l’articolo 138 senza l’inquinamento del premio di maggioranza. E il nuovo bipolarismo, se ci sarà, non sarà nato con un parto cesareo.
INSOMMA L’ITALIA HA BISOGNO DI SOCIALISMO NON SOLO PER RAGIONI SOCIALI E DI GIUSTIZIA ECONOMICA ,MA ANCHE PER RAGIONI DI CORRETTEZZA GIURIDICA.
Penso che sia preferibile puntare sul ripristino per entrambe le Camere sul Mattarella Senato.
Attento: credo che la sentenza sia additiva, inserisca cioè direttamente le preferenze, senza bisogno di un intervento del Parlamento. La legge, pessima, sarebbe autoapplicativa, temo.
1. DOUBLE BIND. Da una parte si potrebbe dire che l’elezione funziona soltanto come forma di riconoscimento (e non di creazione/produzione) della legittimità di un potere: «l’elezione non genera l’Autorità, ma la conferma» (Kojève: «l’autorità nasce nel candidato prima della sua elezione, che è solo una prima manifestazione di questa Autorità già esistente»). C’è, però, già-da-sempre, un contro-movimento: attraverso il voto – attraverso gli effetti macchinici della legge elettorale, la sua «catena di montaggio» – quella legittimità si produce come legalità (elezione come trappola, piège à cons, di cui parlava Sartre: «En votant demain, nous allons, une fois de plus, substituer le pouvoir légal au pouvoir légitime»). In questo double bind la legge elettorale non serve a rendere possibile l’espressione della volontà dei cittadini, ma ad assicurare che la legittimità sia già-da-sempre legale e la legalità già-da-sempre legittima.
2. SENZA LEGGE ELETTORALE. Covatta scrive, correttamente, che la sentenza della Consulta è «la condanna definitiva di un intero sistema politico». Forse si dovrebbe dire: perché dovrebbe esistere una legge elettorale in un sistema politico che non ha più la capacità di assicurare la produzione e ri-produzione della propria legittimazione, la propria giustificazione interna –? Perché votare, se votare significa sempre «votare per il voto» (voter, c’est voter pour le vote)? Se, cioè, significa sempre riconoscere un modo di riconoscimento/produzione, double bind, della legittimità? (in tal modo sempre precludendo la questione: perché la legittimità della legittimità?). L’illusione è quella, allora, di affidare alla legge elettorale la funzione di produrre non la legalità del potere legittimo, ma la legittimità del potere legale. Questo è il rischio “elezionistico”. Le elezioni, però, in questo modo non producono legittimazione, ma forniscono unicamente agli eletti la garanzia di essere andati al potere legalmente. Inutile aggiungere altro. Se questo è un Paese senza – Paese senza storia, Paese senza passato, Paese senza esperienza, Paese come scriveva Arbasino – forse sarebbe meno dannoso, a questo punto, se fosse anche un Paese senza legge elettorale (ai “costituzionalisti” il compito, meramente tecnico, di trovare la formula giuridica per elezioni senza legge elettorale).
Caro Gigi, temo che non accadrà nulla di diverso da quello che tu prevedi; infatti nel mondo politico i fautori del proporzionale – quelli palesi e, ancor più, quelli occulti – sono molto forti e credo che non lasceranno passare nulla. Del resto io stesso (l’ultima volta in una intervista a ItaliaOggi del 26 novembre) ho detto e ripetuto che sarebbe andata e finire così. Quel che non riesco a condividere è il tuo pur moderato e contenuto ottimismo; o, se vuoi, la tua distanza dal pessimismo. Questo decisione della Consulta è un ulteriore gravosissimo appesantimento della crisi italiana. Già prima era difficile immaginare iniziative e forze che fossero capaci di reazioni positive; adesso penso non possa accadere altro che un più rapido scivolamento verso un punto di rottura impossibile da controllare. Quel che succederà dopo penso sia impossibile prevederlo per chiunque.
Prendo spunto dall’intervento di Covatta sulla sentenza della Corte per sviluppare ulteriormente un problema che a me appare ormai centrale per la vicenda italiana: e cioè lo squilibrio di poteri che si è delineato da prima della fine della prima repubblica. Ieri sul giornale vi erano due notizie: una Corte che porta la sua giurisdizione ben al di là della lettera – e forse dello spirito – della Costituzione per ‘inventare’ come gli elettori debbono scegliere gli eletti
secondo quali principi debbano essere formate le liste dei candidati etc; la seconda concerne l’intervento del TAR a proposito di un nodo tecnico-scientifico quale la sperimentazioine di Stamina.
Il terzo nodo è un’azione del Presidente della repubblica che riflette quanto di nuovo e forse d’inevitabile v’è nella prassi politica rispetto al disegno costituzionale (mai modificato su questi aspetti). Qui interessa il coinvolgimento di tutti i costituzionalisti in una prassi nuova che si garantisce in questo modo coperture ‘scientifico-disciplinari’ che io tendo a contestare.
Perché quello che a me sembra, il nodo è la cancellazione della politica come momento di massima capacità di direzione e mediazione della società rispetto al funzionamento dello stato moderno. Tangentopoli, sotto questo profilo, non è il punto di massima evidenza di una crisi: ne è stato solo un momento, una tappa. La sovrapposizione dello pseudo-diritto di Bruxelles e delle sentenze dei tribunali europei all’ordinamento nazionale (effettuato anche questo grazie alla interpretazione della ns. Corte costituzionale, ma non di quella federale tedesca), l’indebolimento del Parlamento impegnato a inseguire una crescente frantumazione sociale con leggi numerose, contraddittorie e minuziosissime: inapplicabili insomma, senza la scelta in ultima istanza dei tribunali, l’estensioine del ‘controllo di virtù’ da parte dei giudici, il pervasivo ruolo della giurisdizione amministrativa (che estende il suo potere all’esecutivo attraverso la rete di capi di gabinetto etc.), ora gli esperti del Quirinale e le sentenze della Corte costituzionale a ridisegnare gli equilibri politici ci hanno fatto uscire fuori da quello che un tempo era descritto come lo ‘Stato moderno’. Vogliamo parlarne? Vorrei parlarne più con i politologi che con i costituzionalisti.
E’ come soffermarsi sul dito che indica la luna… . Senza riforma della costituzione (la nostra è fatta per il proporzionale) è inutile cambiare la legge elettorale… la seconda repubblica insegna. Saluti socialisti!
Alcune rapide osservazioni. Condivido le analisi, anzi le preoccupazioni di Capogrossi. Nello specifico mi pare ci sia stata una duplice invasione di campo; e tutt’altro che positiva. Mi pare fuori dal mondo che la Corte giudichi incostituzionale il sistema delle liste bloccate, praticato in tutti, dico in tutti gli altri paesi d’Europa con il proporzionale. E mi pare del tutto improbabile che, nell’attuale stato confusionale, i parlamentari tengano conto, come dovrebbero, delle indicazioni della stessa Corte – introduzione del voto di preferenza e soglia di sbarramento per poter fruire del premio di maggioranza.
Risultato: un nuovo caos