Come ci insegnano, da sempre, i manuali più accreditati di sociologia elettorale, la gente può esprimere un voto per tre diverse ragioni: appartenenza (familiare, sociale, politico-ideologica); scambio (gratificazioni ricevute o attese); e, infine, opinione.
E così è in tutto il mondo. Ma non da noi. Da noi il voto di scambio è in agonia, permanendo solo a livello locale ed essendo considerato dai magistrati la Madre di ogni corruttela; e quello di appartenenza non si sente tanto bene. Rimane, allora, quello di opinione. Ma, in un contesto di crisi e di totale incertezza sul futuro – e quindi di pregiudiziale ostilità verso i politici – a fare premio è il diverso grado di avversione verso i principali leader.
Le elezioni di febbraio si giuocheranno dunque su questo semplice quesito: chi è il “nemico principale”, Monti o Berlusconi; e per quali motivi? (Bersani non ha i requisiti per diventare nemico; mentre può contare su un certo voto di appartenenza…).
Allo stato (dei sondaggi) gli antipatizzanti di Berlusconi prevalgono di qualche punto su quelli di Monti; ma non nella misura sufficiente a tranquillizzarci. Vediamo perché. Monti è odiato, in modo trasversale, da tutti i populisti, di destra, di centro e di sinistra; con l’aggiunta, a Sinistra, dei residui dell’estremismo dei duri e dei puri. Una posizione su cui, ovviamente, non si possono formare maggioranze di governo; ma che ha due caratteristiche che accrescono la sua capacità di nuocere. La prima è il suo forte radicamento nella sofferenza delle persone, che la renderanno persistente nel tempo. La seconda sta nel fatto che solo la destra è in grado di gestirla politicamente. Per chiarire il concetto, si consideri che il Professore è visto come l’uomo dei poteri forti, delle banche, ma anche di forze occulte, “pluto-giudaico-massoniche”; tutte intente, con le tasse, a succhiare il sangue degli onesti cittadini italiani e, in particolare, dei ceti produttivi. Tesi che possono affascinare anche rivoluzionari come Ingroia (secondo il quale “Monti è peggio di Berlusconi”); ma che portano dritti dritti nelle braccia di Berlusconi e della Lega.
Apparentemente, il Cavaliere sta messo peggio del Professore; essendo, complessivamente, avversato non dal 50% ma da più del 70% degli italiani. Ma, nel confronto elettorale questo conta poco: a) perché al Nostro basta il 30% per avere una minoranza di blocco; b) e perché Berlusconi, a differenza di Monti, è avversato per ragioni diverse e separatamente incapaci di mobilitare un immaginario collettivo maggioritario.
C’è il “corrotto-corruttore, nel mirino della magistratura dei girotondini e di tante manifestazioni di piazza. Ma, come dire, il tema si è un po’ logorato con l’uso. C’è il protagonista della “macelleria sociale”. Ma, su questo, abbiamo la concorrenza di Monti. C’è, infine, il populista pataccaro e pasticcione, schernito dall’Europa e dai mercati. Ma, a parte il fatto che l’Europa non gode di grandi consensi, l’argomento appartiene a Monti; e non scalda certamente i cuori dell’elettorato di sinistra.
Si dovrebbe, allora, contestare a Berlusconi la colpa, solamente sua e irrimediabile, di avere inquinato lo stato, le regole, le istituzioni, i codici di comportamento individuale e collettivo degli italiani. Ma, per far questo occorrerebbe proporre agli italiani un progetto e una speranza di ricostruzione degli uni e delle altre. L’esatto contrario di quel “minimo sindacale”cui si è finora attenuta la campagna elettorale del Pd (e anche di Sel).
Condivido, ma critico l’impostazione volta a vedere nel voto l’espressione di tali categorie, perchè esso rappresenta una delega in bianco per concorrere alla designazione di un mandatario parlamentare che per costituzionale vocazione non è vincolato e dovrebbe agire nell’interesse dell’Italia, del Parlamento, dei cittadini che gli hanno accordato la sua fiducia, del gruppo di appartenenza.
Ma questo presuppone un organismo parlamentare autorevole, colto, non esautorato da una decretazione d’urgenza che attraverso le leggi provvedimento ha distrutto il sistema giuridico italiano.
Non mi tiro indietro nel dire che tanto è da imputare all’assenza culturale della sinistra degli ultimi dieci anni, affascinata dal dirigismo e sostanzialmente speculare alla Destra.
Abbiamo un autorevole precedente, De Pretis, speriamo che Bersani non faccia la stessa fine.