Sulla “Repubblica” di lunedì Tommaso Montanari, dopo avere deplorato da par suo la cementificazione del territorio verificatasi nell’ultimo mezzo secolo, conclude con un’invettiva contro il decreto “Sblocca Italia”: una legge, a suo dire, fatta apposta per portare a compimento lo scempio.
E’ un curioso modo di ragionare. E’ difficile, infatti, imputare ad una legge che è appena entrata in vigore la colpa di misfatti che si sono consumati in passato, quando pure era in vigore una legislazione ricca di vincoli di ogni genere e specie
In realtà, come è noto, dove tutto è proibito tutto è lecito. Senza dire che si può dubitare che sia stato davvero un danno avere “mangiato 5 milioni di ettari di suolo agricolo“ fra il 1950 e il 2000, come denuncia Montanari. Lui forse amerebbe vivere ancora nella società rurale in cui la legislazione vincolistica venne concepita. Chi invece ha vissuto bene nella società industriale (e cerca di sopravvivere in quella postindustriale) pensa che non manchino i saperi e le tecniche per conciliare sviluppo e tutela dell’ambiente: a condizione, però, che la selva dei vincoli e delle autorità preposte non impedisca di operare; ed a condizione, anche, che non prevalga la cultura reazionaria che diffida di ogni innovazione, come è quella che anima le agitazioni contro le opere pubbliche, “grandi” o piccole che siano.
Vent’anni fa, per esempio, quella cultura si scatenò contro lo scolmatore del Bisagno, opera che avrebbe evitato le alluvioni che si sono abbattute e si abbattono sulla città di Genova. Ne parliamo nel dossier che pubblichiamo nel numero di novembre della rivista. Allora, per la verità, ci fu un assessore che seppe resistere alle polemiche ed appaltò i lavori. Ma era socialista, e finì nella mattanza di Mani pulite. Dieci anni dopo è stato assolto con tutti gli onori. Ma il cantiere venne sequestrato subito, ed i lavori, da allora, non sono mai stati ripresi.