Istruzioni per i consumatori
Questa nostra rubrica è dedicata alle parole. O, più esattamente, a quelle su cui si fonda il dibattito politico-culturale della seconda repubblica. Perché ce ne occupiamo? Non siamo dei censori; magari in nome del “politicamente corretto”. E nemmeno degli aspiranti accademici intenti a segnalare con la matita rossa e blu errori e improprietà così da salvaguardare il giusto significato di questo o quel termine.
Questi sono compiti che spettano alle “autorità competenti”. E che, sia detto per inciso, sono svolti, in Italia (ma anche altrove) con esiti sempre meno soddisfacenti.
Così la “moral suasion” buonista, quella che tenta di ridurre, magari a tutela dei diritti dei più deboli, i livelli di volgarità e di violenza del discorso pubblico manifesta sotto i nostri occhi tutta la sua impotenza; sino a premiare, quasi automaticamente, tutte le esternazioni dei “cattivisti” di turno.
Così, ancora, il tentativo di definire il “significato corretto” di questo o quel termine è travolto in partenza dalla rapidità del mutamento; rincorrere la parole che compaiono e scompaiono ogni giorno che passa – e in un contesto in cui tutti possono dire tutto a tutti e con ogni mezzo – sta diventando un vero e proprio supplizio di Sisifo.
E, allora, il linguaggio della politica non può essere controllato e circoscritto in nome del politicamente e/o semanticamente corretto; può, però, anzi deve essere spiegato ai suoi destinatari. Quei famosi “cittadini” così spesso e così enfaticamente evocati nei discorsi pubblici dell’Italia di oggi.
Nella retorica ufficiale i loro diritti e le loro aspirazioni sono punto di riferimento di qualsiasi progetto politico. Nella vita reale, i cittadini (sostantivo plurale non virgolettato) sono travolti da una crisi esistenziale individuale e collettiva, di cui non riescono a capire né le cause né le possibili soluzioni. Ed è da questa siderale distanza tra Parola e Cosa che nasce oggi la sfiducia pregiudiziale nel linguaggio della politica; per arrivare, in un domani molto vicino alla condanna, per irrilevanza, della politica in sé.
Nel nostro (molto) piccolo vorremmo contribuire a restituire alle Parole la dignità che meritano. Sappiamo benissimo che non valgono, a questo riguardo, distribuzione di certificati di qualità o di origine controllata. Non ci interessa, non ci deve interessare qui che politici ed opinionisti “dicano la verità” od offrano soluzioni corrette (in questo mondo tutto è, e deve rimanere opinabile); ci interessa, invece, che le parole recuperino un significato e cioè un corretto rapporto con le Cose che intendono rappresentare.
La nostra sarà una piccola opera di verifica e, per così dire, di bonifica concettuale per consentire agli altri di capire e di giudicare. Ma anche un’opera, come si diceva una volta, meritoria, particolarmente nell’Italia di oggi. Un’Italia in cui la liquidazione sottocosto delle vecchie ideologie ha partorito i profeti “fai da te”e gli imbonitori di strada; in cui l’urlio generale impedisce l’ascolto; e in cui, soprattutto vagano per le strade Cose prive di una Parola che le rappresenti mentre volteggiano per l’aria Miraggi verbali tanto fascinosi quanto privi di consistenza.