Decenni fa, ai tempi della mai abbastanza deprecata prima repubblica, la sinistra manifestava la sua volontà di trasformazione attraverso le cosiddette “leggi manifesto”. Leggi su cui si mobilitavano nella fase di preparazione attenzioni e speranze; mentre la loro successiva fase di attuazione era segnata dall’effettivo sabotaggio degli addetti ai lavori nel totale disnteresse delle forze politiche e della stessa opinione.
Oggi , la sinistra ha perso ogni fiducia nella trasformazione e, per la proprietà transitiva, nelle leggi. E deve quindi affidarsi, per distrarre e tenere sveglio il suo popolo, ai personaggi manifesto. Illuminante, in proposito, il caso della Kyenge. Personaggio simbolo in un governo che, come dovrebbe essere chiaro a tutti, non aveva, sin dal principio, la possibilità di fare concreti passi avanti sul terreno dell’integrazione. Nè per quanto rigurda lo “Jus soli” nè per quanto riguarda la Bossi-Fini. E che, quindi, non ne aveva nemmeno la volontà (e basti ricordare, a questo riguardo, che il Pd non ha dato il minimo segno di voler aderire ai referendum radicali sull’immigrazione).
Ecco, allora, il significato della Kyenge: la persona che sostituisce la cosa. Un ministro che, non essendo in grado di produrre delle leggi, è costretto a fare pedagogia. E che, così facendo, è oggetto degli insulti più volgari: confermando, attraverso la cialtronaggine dei nostri avversari la nostra superiorità etica.
Al posto del ministro, chiederemmo i danni. Fare la madonna pellegrina, in attesa di un miracolo che non può arrivare, non è certo il massimo della vita.