Teoricamente il Pd (o meglio il suo attuale gruppo dirigente) avrebbe potuto benissimo richiamarsi al Dna delle sue componenti storiche – dal garantismo di sinistra al solidarismo – per rivendicare la bontà delle proposte di amnistia e di cancellazione del reato di immigrazione clandestina. Di  fatto, però, non è stato in grado di seguire questo approccio. O perché da tempo caduto in prescrizione (vedi garantismo),  o perché smentito da una serie di comportamenti recenti (ultimo e più clamoroso il mancato appoggio al referendum radicale sulla Bossi-Fini).
Ma allora, come rispondere alle convergenze parallele di giustizialisti, grillini e leghisti, con l’avallo implicito della maggioranza silenziosa? Si è scelto, a questo punto, il minimo sindacale: l’appello all’emergenza e, tanto per non farsi mancare nulla, all’Europa. “Emergenza”. “Europa”. Due parole magiche. L’ “apriti sesamo”. La chiave universale che apre ogni porta e fa cadere qualsiasi ostacolo. O, più volgarmente, il trucco cui si ricorre nel caso di provvedimenti che si ritengono sgraditi dalla pubblica opinione (e cioè di continuo), rivestendoli di un pregiudiziale stato di necessità.
E però si tratta di un marchingegno che, con l’andare del tempo, funziona sempre di meno. Perché utilizzato senza limiti e senza discernimento. Perché denota in chi lo usa una profonda sfiducia nelle sue ragioni. Ed infine perché esso stesso è passibile di verifica critica: sul duplice versante del giudizio sull’emergenza e sulle sue ragioni; e, per converso, della correttezza delle soluzioni proposte.
Nello specifico, ci si parla di un’ “emergenza carceri”e di un’ “emergenza sbarchi”; tutte e due, giusto aggiungerlo, da affrontare in un’ottica  umanitaria. Proponendo, come risposta immediata e urgente, appunto l’amnistia e la cancellazione del reato di immigrazione clandestina ( accompagnato da un appello all’Europa, non a caso, però, del tutto imprecisato nei suoi obiettivi). Ma l’argomento, purtroppo, non regge. A partire proprio dall’invocazione rituale dello stato d’emergenza.
Il nostro paese ha un tasso d’incarcerazione inferiore alla media europea. A cui, per inciso, non ha contribuito in nulla la “criminalizzazione” dell’immigrazione clandestina (dovuta – a ciascuno il suo – non alla Bossi-Fini ma ad una successiva variante maroniana ), strumento certamente perverso ma che contempla, nello specifico, pene semplicemente pecuniarie, tra l’altro quasi mai pagate. Il degrado vergognoso del sistema carcerario dipende dalla pura e semplice incuria legislativa: frutto, a sua volta, dalla mentalità forcaiola dominante e mai seriamente contrastata né dalla sinistra storica né dalla borghesia diversamente sensibile. Per altro verso, l’emergenza sbarchi non nasce dal nulla. Nasce dal disastro umanitario della Siria, dell’Iraq, dell’Eritrea. E dal totale nullismo politico dell’Occidente incapace sia di  uscire  dall’alternativa paralizzante tra intervento militare e inazione totale come di garantire in modo efficace il diritto d’asilo.
E allora la nostra invocazione dell’emergenza si traduce, in definitiva, in un appello all’Europa.  Vorremmo che, rispondendo alla nostra richiesta, l’intero Mediterraneo fosse pattugliato: in cielo, sul mare e magari anche al di sotto. Così le carrette saranno fermate, gli scafisti puniti e gli immigrati rimandati indietro (si intende , con le dovute garanzie). Non è che con questo si elimini l’emergenza. La si trasferisce altrove. Ma “lontano dagli occhi lontano dal cuore”.