Il Governo ha pubblicato i primi risultati della consultazione sulla riforma della pubblica amministrazione; la consultazione era stata lanciata lo scorso 30 aprile con una lettera aperta ai dipendenti pubblici e ai cittadini nella quale venivano indicati 44 possibili punti di riforma.
In un mese sono pervenute 39.343 e-mail all’account rivoluzione@governo.it e al primo posto tra le richieste di riforma c’è l’eliminazione dell’obbligo di iscrizione alle Camere di commercio.
Tale questione era stata posta nella lettera del governo al punto 29 delle possibili riforme.
I cittadini coinvolti nell’iniziativa l’hanno innalzata al primo posto e il fatto ha molto sorpreso le autorità.
Il documento governativo precisa anche che sulla questione della riforma delle Camere di commercio sono pervenute un significativo numero di segnalazioni contrarie, soprattutto provenienti dai dipendenti delle Camere di commercio, che molte segnalazioni forniscono articolate proposte di riforma complessiva del sistema camerale, sia a livello di governance sia a livello di semplificazione burocratica della relativa gestione; diverse segnalazioni propongono la riorganizzazione delle Camere di commercio attraverso: 1. eliminazione o riduzione del diritto annuale a carico delle imprese; 2. riduzione delle Camere di commercio da 105 a 40, come le prefetture oppure una per ogni Regione (come in altri paesi); 3. fissazione di costi standard per i servizi di tutte le camere di commercio; 4. revisione degli organi collegiali.
Mondoperaio nel numero di maggio ha pubblicato una analisi, che possiamo definire impietosa, del sistema camerale italiano.
Se il governo vuole veramente riformare quel sistema non serviranno dei semplici ritocchi, per esempio giocare sul numero delle Camere di commercio, come sembra suggeriscano uffici ministeriali, ma intervenire alla radice del problema.
La riforma favorisca una drastica riduzione della tassa che tutte le imprese italiane sono costrette a pagare alle Camere di commercio: quegli importi hanno consentito e consentono troppi incauti investimenti e sovvenzioni.
La riforma, se tale vuole essere e non solo apparire, abolisca le sovvenzioni delle Camere di commercio alle associazioni di categoria e ai loro enti, visto che grazie alla legislazione attuale sono i vertici delle associazioni di categoria che dirigono le Camere di commercio.
La riforma riduca le associazioni di impresa al loro specifico sindacale, tolga a degli enti di fatto la gestione di compiti specifici della pubblica amministrazione e delle risorse economiche conseguenti, quelle delle Camere di commercio.
Anche dalla giurisprudenza europea possono venire indicazioni volte a ridurre gli aspetti più vessatori della normativa nazionale: v. http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00737479.pdf
Le Riforme possono essere “radicali” oppure “graduali”, come quelle che emergono dai dpendenti delle stesse Camere di Commercio. Sono ormai diventate nel tempo organi corporativi, che trovano nelle forze che le compongono contrasti più di potere, che di funzionalità. Lo si è visto a Roma dove il Presidente era stato sfiduciato dalla maggioranza dei Consiglieri e ha resistito invocando norme statutarie e soprattutto la propria volntà di rimanere al posto di potere. Ritengo anch’io che le funzioni pubbliche vanno ricondotte alla struttura istituzionale pubblica, rendendola più trasparente e agile in modo da corrispondere elle esigenze dei settori interessati a minor costo possibile, togliendo erogazioni clientelari sempre inficiate di favori e privilegi.
Gentile direttore
Vorrei chiederle se e’ vero che l’autore dell’articolo e’ stato dirigente per molti anni (con una remunerazione di oltre 160 mila euro oltre autista e macchina di servizio) della camera di commercio di Roma e che il suo rapporto si sia concluso dopo una vertenza legale con una transazione.
Vorrei chiedere alla redazione di mondo operaio se ciò risponde al vero e, in caso affermativo, se sia giusto che gli sia lasciata una tribuna così importante per attaccare l’ente presso cui ha lavorato fino a qualche mese fa.
Non ravvisate un conflitto d’interesse?
Non è mia abitudine spiare i nostri collaboratori dal buco della serratura. E comunque non vedo nessun “conflitto d’interesse” nel criticare una struttura con la quale si sono chiusi i rapporti. Meglio sarebbe se la nostra lettrice – così addentro, a quanto pare, agli interna corporis delle Camera di commercio di Roma – entrasse nel merito delle critiche mosse da Pagnotta, magari per contestarle.