di Stefano Levi della Torre


ll virus è un’apocalisse nel senso etimologico di “rivelazione”: è sì una botta alle Sardine, che hanno realizzato il “tutti pigiati in piazza”, cosa per ora non raccomandabile nella congiuntura virale. Ma intanto:

1. restituisce autorità alla scienza, denigrata dal populismo;

2 mette in luce gli effetti deteriori del liberismo, a cominciare dalle privatizzazioni volute dalla Lega e dalla destra, in particolare nel sistema sanitario;

3. esalta la responsabilità sociale di ciascuno, come portatore o vittima di contagio;

4. mostra come i discriminatori che fanno muri possono essere a loro volta murati;

5. fa vedere gli aspetti positivi di rallentamento dei ritmi e del consumismo;

6. sembra che abbia anche qualcosa da dire sulle delocalizzazioni produttive troppo disinvolte, mostrando i vantaggi di una produzione più localizzata per evitare le frontiere anti contagio (sintomi di questo in Germania e in Cina);

7. mette in ombra la paura murata e discriminatoria gestita da Salvini e dalla destra europea, e mette in primo piano una paura solidale, co-operativa e quasi internazionalistica;

8. rivela che l’idolatria dei mercati è irrazionale, e che sarebbe meglio una svolta verso criteri più salutari;

9. è un angelo sterminatore di persone e di economie che annuncia ad ognuno e alla specie umana che i fenomeni globali, e soprattutto la crisi ambientale, sono degni di considerazione e di collaborazione globale.

Abbiamo auspicato un’Italia e un’Europa politicamente più rosse: ed ora, grazie al virus, nelle zone rosse qualcosa di politicamente rosso traspare.