C’è un primo elemento che emerge in questi giorni successivi alle elezioni del 25 settembre e cioè che ci si aspettava poche sorprese e ci sono state poche sorprese. I sondaggi si sono rivelati grosso modo affidabili, i patemi d’animo sono stati pochi, chi doveva vincere ha vinto e chi doveva perdere ha perso.
Non c’è dubbio che Forza Italia, che ha perso il 51,1% dei voti rispetto al 2018 (quando aveva preso 4.596.956 di suffragi, mentre nel 2022 ne ha presi 2.248.851 voti) e il M5S che ha perso il 60,1% rispetto al 2018 (allora aveva preso 10.732.066 di voti, ora 4.282.920) sono riusciti a mascherare di più il tracollo, quanto meno a livello mediatico.
Più difficile la situazione per la Lega che ha perso il 57,2% dei voti (erano 5.698.687 nel 2018, contro i 2.442.679 del 2022), tanto che ora la segreteria di Salvini è appesa al modo in cui verrà composto il Governo. Se Salvini non riuscirà a ottenere un ruolo di primo piano sarà difficile che possa continuare a guidare la Lega, non fosse altro perché la sua linea politica suona ormai stonata.
Drammatica, invece, la situazione per il PD, dove già prima delle elezioni circolava la voce che un risultato al di sotto del 20% sarebbe stato fatale per la segreteria di Enrico Letta.
Quello che emerge dunque è che tutti hanno perso (Lega –57,2%, Forza Italia –51,1%, Partito Democratico –13,9%, M5S – 60,1%) solo uno ha vinto, vale a dire Fratelli d’Italia che ha fatto registrare un +406% di voti in più rispetto al 2018, pur in una situazione di calo dell’affluenza alle urne (72,9% degli aventi diritto nel 2018, 63,9% nel 2022).
Qualche considerazione nel merito. Il M5S ha costruito la campagna elettorale rivendicando una purezza ideologica (presentandosi come “la parte giusta”) e costruendo un clima d’assedio (tutti vogliono smantellare il Reddito di cittadinanza). In questo modo è riuscito a frenare la caduta libera, ma si è di fatto isolato da tutti. Conte ha portato il Movimento sul Monte Sinai e non sarà facile farlo scendere.
Le scelte strategiche di Letta sono state disastrose. La scelta di rompere con il M5S aveva senso da un punto di vista politico, ma era disastrosa rispetto al sistema elettorale vigente. Ha poi immaginato un fronte draghiamo, ma tirando dentro chi draghiano non era mai stato (Fratoianni e Bonelli) e ha causato la rottura con il Terzo Polo di Calenda. Ha provato poi la strada del voto utile, invitando implicitamente l’elettorato a turarsi in naso, e immaginando una vocazione maggioritaria per il PD, che non aveva alcuna prospettiva di riuscita viste le macerie e le divisioni del campo del centro sinistra (in senso lato). La perdita di quasi tutti i collegi uninominali era una conseguenza prevedibile dal giorno in cui si sono chiuse le candidature.
Qualche considerazione sul campo del centro-destra. La legge elettorale, che ha premiato Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, perché si sono presentati in coalizione, potrebbe aver tirato anche in questo campo un tiro mancino. Da una parte, infatti, la Meloni ha vinto troppo, con numeri che sono più del doppio della somma di quelli degli alleati. Il che significa che il partito della Fiamma pretenderà un ruolo di guida e i ministeri chiave. D’altro canto, i due partiti alleati, avendo perso milioni di voti, ma all’interno di una maggioranza vincente, non potranno che usare il governo come strumento di riscatto, per riconquistare, con il tempo, consenso presso l’elettorato. Il che significa fibrillazioni nella formazione del governo, ma soprattutto voglia di segnare la differenza e puntare i piedi rispetto alle posizioni della Meloni, per poter acquistare visibilità e rivendicare risultati (se mai ci saranno).
Anche se non sembra, c’è un altro partito che ha un segno “+” davanti alle percentuali di voto conquistate. Ed è il terzo polo di Calenda e Renzi. Il loro ottimismo prima delle elezioni (ben oltre il 10%, diceva Calenda), fa sembrare una sconfitta quella che è in realtà è una vittoria, visto che politicamente la loro è stata l’operazione più significativa: hanno infatti creato un campo che prima non c’era. Un campo che in futuro potrebbe allargarsi.
Se la legge elettorale ha tenuto Forza Italia agganciata alle destre, le fibrillazioni della maggioranza potrebbero far volgere lo sguardo dei moderati verso il Terzo Polo. Allo stesso modo, se il PD dovesse lanciarsi alla rincorsa del M5S, i moderati di centro-sinistra potrebbero non voler partecipare alla corsa e preferire guardare verso il centro. Il che significa che le prospettive di crescita ci sono, se il sistema nel suo complesso dovesse continuare a polarizzarsi.
Per concludere, si apre una fase di grande movimento politico sulla scena nazionale, il che è una cosa positiva. Ci si augura solo che questa nuova fase movimentata non procuri danni alla triplice struttura istituzionale che tiene in vita l’Italia, quella della Carta costituzionale, quella dell’Unione europea e quella del Patto atlantico.