Tra “sogno sognato” e realtà nella Sardegna attuale

Gianfranco Sabattini

Recentemente L’Unione Sarda, nella collana “La biblioteca dell’identità”, ha pubblicato il volume Dove possiamo andare: terzo dell’opera Buongiorno Sardegna, fa seguito a quelli già pubblicati e dedicati ad un’analisi del “passato” dell’Isola e del suo “presente”. L’ultimo volume è una riflessione su come può essere pensato il futuro verso il quale tutti i sardi “possono andare”, affrancati dalla miseria del presente.
La proposta illustrata dal terzo volume, anche se non nuova, è interessante; essa però reca il limite d’essere presentata e descritta in una forma onirica, che toglie alla sua desiderabilità e percorribilità ogni dimensione concreta di realizzabilità immediata. La proposta, perciò, è esposta al rischio d’essere vissuta nell’immaginario collettivo come mera “ipotesi di scuola”; in altri termini, come forma consolatoria del fallimento delle speranze riposte dai sardi nella politica di crescita e sviluppo che l’Isola avrebbe dovuto sperimentare, valendosi della solidarietà dello Stato nazionale, cui si sarebbe aggiunta successivamente l’Unione europea.
Il libro (il cui autore si cela dietro lo pseudonimo Giuseppi Dei Nur), destreggiandosi, secondo il suo presentatore Gianni Filippini, “fra rigorosa saggistica e fluida narrazione” e avvalendosi del “brillio” di “singolari e brillanti metafore”, narra di un bambino che nell’anno 2052, ritrovandosi adulto, sogna che alcuni decenni prima tutti i sardi, abitanti in un paese chiamato “Entropia” (riferimento metaforico ad una Sardegna afflitta dal disordine economico e sociale nel quale è stata costretta dal fallimento della politica di crescita e di sviluppo sinora ne di dipendenza economica e della conseguente necessità di porvi rimedio.
Nel sogno il “Giovane Adulto” riflette su come allora i sardi avessero incaricato “dei signori locali studiati davvero chiamati economisti” di redigere tre documenti: il primo, riguardante lo “scenario futuro e la possibile posizione occupabile nel mondo” da Entropia; il secondo, “il profilo dei suoi abitanti”; il terzo il “tema delle responsabilità” che tutti dovranno assumersi.
Il documento contenente l’analisi del “mondo che verrà” sottolineava che il fenomeno della globalizzazione avrebbe spinto l’economia di Entropia a risultare sempre più emarginata e dipendente, anche se i sardi non avrebbero avuto nulla da temere, considerato che quasi tutto ciò che essi consumano era prodotto all’esterno. Per uscire dalla condizione di dipendenza ai cittadini di Entropia non restava che adottare un nuovo modello di sviluppo, fondato su “cinque linee guida da condividere, e costituire i binari sui quali far correre il treno dello sviluppo […] su cui far convergere tutti gli sforzi umani e le risorse disponibili, le intelligenze e le abilità, le competenze e le professionalità”.
Per innescare un processo endogeno di accumulazione e portare Entropia all’indipendenza economica il nuovo modello di sviluppo doveva assumere il turismo come variabile strategica, la cui valorizzazione avrebbe richiesto una particolare attenzione soprattutto per il mercato europeo, in quanto costituito da una platea di potenziali consumatori che, “con la stessa moneta e senza dazi doganali” avrebbe rappresentato un “bacino enorme per i prodotti di nicchia della filiera agroalimentare” di Entropia.
In secondo luogo, il modello del futuro sviluppo avrebbe dovuto tener conto delle opportunità di mercato offerte dal continente africano, oltre che dal lato del consumo anche dal lato dell’offerta di materie prime. Inoltre lo stesso nuovo modello di crescita e sviluppo doveva porre rimedio alla situazione di degrado e di inquinamento ambientale causato dal modello di “sviluppo industriale pesante” originariamente adottato, e cercare di “salvaguardare i posti di lavoro che ancora quel sistema produttivo in declino” consentiva di conservare. Infine, il nuovo modello doveva consentire ad Entropia di mettere “ordine nelle proprie cose”, riportando “ordine e decoro nel proprio territorio”, dandosi nuove regole semplici ed efficaci per ridimensionare il peso della burocrazia e per stimolare massicci investimenti volti a migliorare la qualità del capitale umano.
Tutto ciò doveva essere fatto responsabilmente per finalizzare il progetto alla creazione di “ricchezza e benessere, al tempo presente e a quello futuro”, in coerenza con la strategia di sviluppo adottata.
L’attuazione del nuovo modello di crescita e sviluppo è narrata da Giuseppi dei Nur, nel “sogno sognato” del Giovane Adulto, avvalendosi dell’immagine di un treno in arrivo alla stazione di Entropia, guidato da “Giovani Giovani” e “Giovani Adulti”, entusiasti del “nuovo corso” che la loro comunità si accingeva ad intraprendere; il treno, giunto alla stazione, scaricava i “Giovani Vecchi” ed i “Vecchi Vecchi”, ovvero coloro che per una ragione o per l’altra ne ostacolavano o ritardavano la partenza.
La locomotiva che fungeva da traino principale rappresentava il “Turismo”, mentre tutti gli altri elementi del convoglio, costituiti da “littorine autopropulsive”, rappresentavano settori e comparti produttivi strettamente connessi con il turismo. Chiudeva il convoglio, una carrozza speciale, rappresentante la “Nautica”, che per l’importanza che essa doveva rivestire per lo sviluppo delle attività turistiche più che un’altra littorina sembrava essere un’altra locomotiva.
La partenza del treno dello sviluppo ha richiesto del tempo, e per il fischio di partenza è stato necessario attraversare diverse fasi, il cui superamento è stato reso possibile dalla “diffusa consapevolezza e generale volontà” di tutti cittadini di Entropia di “arrivare all’indipendenza, economica prima di tutto”. Così tutti i cittadini, “consci di dove si trovavano, forgiati dal proprio passato, coscienti del valore del patrimonio posseduto”, hanno focalizzato la “loro attenzione sull’obiettivo alto e nobile, prioritario rispetto a tutti gli altri, di affrancarsi dal bisogno, dalla povertà e dalla dipendenza dall’esterno”.
Definito l’obiettivo da conseguire, sono state individuate le risorse umane, fisiche, finanziarie e tecnologiche disponibili, nella consapevolezza che in un paese come Entropia, stagnante e povero di mezzi, l’avvio del circolo virtuoso dello sviluppo avrebbe comportato uno sforzo iniziale di notevole entità: in particolare si sarebbe dovuto far partire il “Treno dello Sviluppo” sognando di poter mobilitare, col ricorso a fonti interne ed esterne, investimenti “pari a un miliardo all’anno per i primi dieci anni dall’adozione della nuova strategia dello sviluppo”. Le fonti interne avrebbero assicurato le risorse derivanti dalla dismissione e dalla vendita delle aziende pubbliche improduttive: quelle derivanti dalle attività del credito che, riorganizzate su basi regionali, avrebbero assicurato la disponibilità del risparmio regionale, e quelle rivenienti dallo storno delle imposte statali spettanti ad Entropia; le fonti esterne avrebbero assicurato la disponibilità delle risorse finanziarie a valere sui programmi triennali europei e sui fondi strutturali per l’attuazione di progetti cofinanziati a livello europeo, nazionale e locale.
Avendo chiaro l’obiettivo da perseguire, attraverso il finanziamento dell’attività di ricerca applicata più consona alla crescita e allo sviluppo del turismo si doveva potenziare il sistema produttivo locale, istituendo a garanzia dell’ordine sociale necessario un reparto speciale “addestrato e attrezzato, sull’esempio di quelli di cui le forze dell’ordine dispongono per eventi fuori dell’ordinario”.
Dopo il superamento di tutte le fasi preparatorie sarebbe stato possibile assistere alla partenza del Treno dello Sviluppo, per conseguire quanto era nelle speranze della comunità di Entropia, il cui “senso di appartenenza” e la cui “voglia di riscatto” l’avrebbero condotta alla “riconquista del proprio mare, dei porti e delle spiagge, dei promontori e dei traffici marittimi […] alla cura delle campagne e delle montagne, dei boschi e delle colline e pianure, dei luoghi e strutture di vacanza, delle eccellenze alimentari, del sistema dei trasporti, dell’energia, delle risorse del sottosuolo e via elencando”.
Nel sogno del Giovane Adulto idealizzato da Giuseppi Dei Nur è stata una “Festa Manna” quella vissuta dai cittadini di Entropia il giorno in cui è partito il Treno dello Sviluppo: erano tutti felici di assistere “allo smantellamento del tubo di entrata” che aveva sino ad allora connesso la crescita e lo sviluppo del loro paese a consistenti trasferimenti finanziari esterni; ora la partenza del treno faceva il miracolo di affrancarli “dal bisogno di elemosine esterne”, avviando il processo di creazione delle condizioni utili “per la crescita autopropulsiva” della loro economia, basata sulle risorse naturali che avevano a disposizione. In tal modo i cittadini di Entropia avrebbero avuto modo di rivalutare la propria cultura e le proprie radici e di marcare il loro “specifico profilo differenziante, diverso e distinto da quello di altri popoli”, divenendo così degni di “portare di nuovo con onore e orgoglio in giro per il mondo il none di nascita della loro Madre Terra: Sar, da SHRDN, la loro origine, e Degna, la sua cifra morale. SarDegna”.
Il bambino del sogno sognato del Giovane Adulto, coinvolto emotivamente dalla partenza del Treno dello Sviluppo, lentamente ha cominciato a svegliarsi, tornando “alla materialità dell’esistenza”; ma l’esperienza onirica aveva fatto nascere in lui la speranza e la fiducia, pur nella consapevolezza che tutto era ancora da fare, e che l’indipendenza economica e la dignità dei propri concittadini potevano essere conseguite solo al prezzo del responsabile e gravoso impegno che il superamento dello status quo avrebbe comportato per tutti.
Il ricorso a “singolari e illuminanti metafore” per proporre una plausibile e condivisibile prospettiva di crescita e sviluppo dell’economia e della società dell’Isola, per quanto sorretto dalla “fluida narrazione” del sogno sognato del Giovane Adulto immaginato da Giuseppi Dei Nur, non è privo di limiti e manchevolezze.
Esso inoltre si presta ad alcune considerazioni critiche, concernenti innanzitutto l’iter procedurale sbrigativo della messa a punto, sia pure in sogno, del nuovo progetto di crescita e sviluppo per l’uscita dalla dipendenza economica della comunità di Entropia; in secondo luogo, l’uso di uno pseudonimo in luogo dei nomi effettivi dell’autore o degli autori del volume; in terzo luogo, il momento in cui questo possibile futuro è formulato e l’istituzione che ha curato l’edizione del volume col suo inserimento nella collana “La biblioteca dell’Identità”.
Nella formulazione della via di fuga dalla stagnazione in cui versa l’Isola nell’attuale momento sarebbe stato preferibile fare riferimento alla dura realtà economica e sociale, piuttosto che ricorrere a metafore che, se hanno l’effetto forse di coinvolgere con maggiore efficacia l’immaginario collettivo, hanno però il limite di semplificare la percezione dello spessore del sacrificio richiesto per superare situazioni critiche e difficili quali quelle individuate e descritte da Giuseppi Dei Nur.
In particolare appare poco convincente, anzi fonte di tanti sospetti, il fatto che l’individuazione della variabile strategica del futuro sviluppo di Entropia – il turismo – sia immaginata realizzata con scarsa attenzione al processo politico utile per una sua generalizzata e condivisa accettazione.
E’probabile sia sfuggito a Giuseppi Dei Nur quel che è successo negli anni Cinquanta del secolo scorso, allorché, dopo un Congresso del popolo sardo in cui era stata individuata un’ipotesi di crescita e sviluppo dell’area regionale, nel breve volgere di pochi anni l’ipotesi è stata stravolta, con la sovrapposizione di obiettivi suggeriti da prevalenti e non neutrali interessi pubblici implicanti l’adozione in Sardegna di un’ipotesi di “sviluppo industriale forte”, alla lunga rivelatosi fallimentare.
Ora Giuseppi Dei Nur, sorvolando sui processi politici necessari per legittimare l’adozione di un nuovo modello di crescita e sviluppo dell’area regionale, espone la Sardegna al rischio di subire gli esiti di decisioni assunte unilateralmente da chi è portatore di interessi privati legati alle attività turistiche: col rischio che chiunque fra i suoi cittadini non sia d’accordo, o solo osi formulare qualche critica costruttiva, sia preso letteralmente a “calci in culo”.
Riguardo allo pseudonimo, viene spontaneo domandarsi chi si nasconde dietro Giuseppi Dei Nur. Perché sono taciuti i nomi di coloro che formulano un’ipotesi di crescita e sviluppo credibile, forse unica tra le possibili ipotesi formulabili, a vantaggio di Entropia? Solitamente viene fatto di osservare che chi ha paura di presentarsi col proprio nome e cognome, più che l’anagrafe ha interesse a tenere nascosta la professione svolta e l’istituzione per la quale lavora e dalla quale dipende.
Il momento, poi, in cui la proposta del nuovo modello di crescita e sviluppo viene presentata è fonte di ulteriori e preoccupanti dubbi: l’assunzione del turismo come variabile strategica del nuovo corso economico e sociale della Sardegna è giustificata sostenendo che per il loro successo le attività turistiche potrebbero avvalersi soprattutto del mercato offerto dall’Unione europea, considerato che con “la stessa moneta e senza dazi doganali” potrebbe essere massimizzata l’”importazione di uomini”, ovvero il flusso di turisti dai paesi europei.
Quest’ipotesi, senza ulteriori specificazioni, apre il lettore solo al dubbio che Giuseppi Dei Nur, con la sua narrazione, si offra come un atout a quanti sono interessati all’istituzione acritica di una zona franca integrale per la Sardegna.
Infine, l’istituzione editoriale che ha curato la pubblicazione del volume non è scevra da qualche fondato sospetto che essa, come sempre è accaduto nel corso della propria storia, sia aperta ad accogliere favorevolmente tutto ciò che tende a conformarsi ai prevalenti interessi del suo proprietario. Se è così, si imporrebbe la necessità di destare dal sonno sognato i Giovani Adulti dell’Isola, al fine di sottrarli ai possibili inganni di metafore che per il loro avvenire prevedono l’attuazione di proposte che, anche se condivisibili, escludono un loro totale e pieno coinvolgimento sul piano progettuale e decisionale; in altri termini occorrerebbe che tali proposte fossero costruite e portate a realizzazione alla luce del sole, fuori da ogni possibile forma di estraniazione onirica.