Come porci dinanzi alla “piazza”? Come accogliere le istanze degli “indignati” senza appiattirsi su di esse e provando anzi a interpretarle e decodificarle? Per caso ascoltavo dei ventenni su un pullman che conversavano sulle recenti manifestazioni romane. Una studentessa a un certo punto sosteneva che i principi di fondo della protesta corrispondono a quelli del socialismo: libertà, pace, uguaglianza.
Se così è, come rispondere a tali motivi ispiratori? Si tratta, come è ovvio, di tradurli in scelte e in atti concreti. Ciò implica la capacità di trovare le risorse e i mezzi necessari. Occorre cioè saper fare di conto, senza confidare nelle soluzioni estreme – come l’esproprio – e senza ignorare le compatibilità. E al fondo di tutto, quasi si trattasse di una quadratura del cerchio, non di rado bisogna coniugare spinte fra loro in almeno apparente contraddizione: si pensi a quelle volte all’eguaglianza e alla libertà.
Ѐ in ciò la quotidiana azione riformatrice, è in ciò la difficile pratica del riformismo. Senza con questo dimenticare che sia dietro i proclami generali sia dietro una concezione ragionieristica e tecnocratica delle riforme e della politica possono celarsi pulsioni e interessi conservatori.
Credo, in definitiva, che al fine di animare un pensiero socialista largo e inclusivo ci si debba muovere tenendo conto di tali coordinate.
Pace, libertà e uguaglianza (cioè giustizia sociale o, come dicono oggi, equità) sono i cardini del socialismo (democratico, riformista e perché no cattolico popolare)… dovremo ripassare di là.