Per commentare il risultato delle elezioni politiche si potrebbe utilizzare l’ossimoro di Eugenio Montale: “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non  siamo, cioè che non vogliamo”. Così si è espresso il popolo sovrano, affermando di non essere subalterno alle lobby finanziarie che lo hanno vessato nello scorso anno, e di non volere la fine del bipolarismo.
La netta sconfitta del premier uscente, il tecnocrate Mario Monti, individuato dalla stragrande maggioranza degli italiani come l’uomo delle tasse e delle banche (e della cancelliera tedesca Angela Merkel), e la polarizzazione tra le due coalizioni di centrodestra e di centrosinistra, più l’enigma Beppe Grillo, rappresenta la volontà degli italiani di riappropriarsi della sovranità democratica contro le visioni oligarchiche, e di guardare ad una possibile Terza Repubblica sempre sulla rotta del bipolarismo politico, scartando ogni ipotesi centrista e nel contempo penalizzando le ali estreme dello schieramento politico, a destra come a sinistra.
Certo è che adesso si pongono problemi di governabilità del nostro paese, soprattutto per i risultati al Senato, mentre il Parlamento uscito dalle elezioni del 24 e 25 febbraio scorso dovrà eleggere il nuovo presidente della Repubblica, e già si parla di “governo a tempo”, di “ampia coalizione” sul modello tedesco, per fare approvare una nuova legge elettorale e andare entro sei mesi al voto.
Ma, naturalmente, il nuovo governo non potrebbe solo occuparsi di proporre una legge elettorale che archivi il famigerato “porcellum”, ma dedicarsi anche, con vigore, ai temi dell’economia e della società.
C’è bisogno dopo tredici mesi di ottuso rigorismo del governo-Monti di abbassare la pressione fiscale sui ceti più deboli e sulle imprese, a partire dalla detassazione delle buste-paga dei lavoratori e delle pensioni più basse, aumentando nel contempo il carico tributario su banche, assicurazioni e speculazioni finanziarie; iniettare nel sistema economico e poduttivo quella liquidità fornita inopinatamente dalla Banca centrale europea guidata da Mario Draghi (il gemello di Mario Monti….) agli istituti di credito, per stimolare la domanda attraverso gli investimenti privati e i consumi; definire e attuare un piano straordinario di investimenti pubblici per ammodernare, prioritariamente sul piano infrastrutturale, il territorio, in primo luogo il Mezzogiorno. Naturalmente si obietterà che esistono i vincoli europei. Ma non è il caso, finalmente, di rompere la camicia di Nesso del monetarismo comunitario per dare risposte in primo luogo alle esigenze sociali dei cittadini e non a quelle degli eurocrati di Bruxelles e dei banchieri? Come nella fiaba di Andersen “il re è nudo!”.