Come narra Giovanna Angelini nel libro L’altro socialismo, col trasferimento a Milano di Osvaldo Gnocchi-Viani, sul finire del 1876, La Plebe, foglio socialista lombardo che si batteva per organizzare il partito operaio, cambiò linea rispetto alla “questione femminile”. Se in precedenza si era ritenuto illusorio e pericoloso disgiungere l’emancipazione delle donne dalla lotta di classe, in seguito a tale svolta venne accolta e incoraggiata l’iniziativa autonoma delle donne mirante a superare una mentalità diffusa e pregiudizi radicati in tutte le classi sociali. Da qui il senso delle iniziative, ad esempio, di Anna Maria Mozzoni e di Ersilia Majno.
Si tratta di un dibattito che si protrarrà per gran parte del Novecento, fino a incontrarsi con la cultura della differenza sessuale e di genere. Ma vi è una frase scritta da Gnocchi-Viani nel 1909 attuale più che mai: si tratta di costruire “quell’ambiente e quei rapporti cogli uomini e colle cose” tali da consentire alle donne di dispiegare le proprie potenzialità. Già: rapporti con gli uomini e con le cose. Credo che oggi sia questo l’aspetto centrale. Oltre alla tradizionale diatriba emancipazione-liberazione, è quanto mai attuale il tema delle relazioni fra esseri umani e fra i due sessi. Come se a mostrare una paurosa fragilità non fosse solo la condizione della donna in sé, bensì soprattutto il suo risvolto relazionale. Ecco: l’allestimento teatrale in piazza Montecitorio ha colto tale tallone d’Achille. Sono i rapporti fra gli umani e fra maschi e femmine a mostrare un volto drammatico e troppe volte tragico. In ciò si annida il tarlo che rischia di erodere decenni di lotte e di conquiste e, con esse, la nostra stessa civiltà.
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