Già Norberto Bobbio si interrogava sulla solidità del “matrimonio” fra democrazia e capitalismo. E studiosi come Michele Salvati hanno riproposto il tema, anche in relazione alle possenti spinte della globalizzazione. Gli anni ’70 del secolo scorso, ad esempio, sono stati caratterizzati da grandi emergenze, e gli “shock petroliferi” evidenziavano “i limiti dello sviluppo”.
Eppure la crisi odierna ha un altro sapore, per così dire. In quegli anni, nonostante tutto, i livelli di benessere di porzioni rilevanti della popolazione crescevano. Oggi vi è un clima di recessione, al di là della stessa accezione tecnica del termine.
Le cronache politiche e parlamentari italiane degli ultimi giorni, poi, dovrebbero scuoterci. Dove sono, verrebbe da chiedersi, quel “consenso per intersezione” e quella “solidarietà fra estranei” che dovrebbero animare una democrazia matura?
Parrebbe essersi smarrito lo stesso spirito laico, il solo che può consentire di trovare un denominatore comune fra posizioni e interessi diversi e può impedire al dissimile di tradursi in “setta”, in separazione. Detto altrimenti: il rischio è che l’intreccio fra malessere economico e sociale e imbarbarimento della politica comprometta gravemente la convivenza democratica.