Ancora una volta la Commissione parlamentare competente ha dimostrato di costituire un fattore di blocco dei cambiamenti indispensabili a fare della Rai il servizio pubblico di cui la società e l’industria audiovisiva italiane hanno da anni bisogno. Con una decisione che onora il ruolo dell’impresa, il consiglio di amministrazione della Rai ha approvato il piano di ristrutturazione dell’informazione televisiva che per quasi un anno direttore generale e presidente hanno sottoposto agli indispensabili confronti interni e alle necessarie verifiche istituzionali. Un piano che riduce la “complessità” di testate, palinsesti e posizioni dirigenti accumulata in quaranta anni di “riforma”, porterà a risparmi fra i 70 e i 100 milioni di euro l’anno e metterà l’azienda nella condizione di perseguire nuove strategie di prodotto originale e di riqualificazione del personale e dell’offerta: quelle strategie di cui da anni gli italiani avvertono il bisogno e che, negli altri maggiori paesi dell’Unione, consentono alle industrie audiovisive nazionali di competere con successo con il prodotto d’acquisto sul loro stesso mercato e, non di rado, in Europa e nel mondo. Purtroppo si è dovuto constatare che la Commissione parlamentare, con l’unanimità delle sue critiche e riserve nei confronti di questo cambiamento, non ha saputo che porsi nella scia di tutto quanto è stato tentato contro di esso soprattutto dall’Usigrai, il sindacato maggioritario dei giornalisti Rai. Mancando, ancora una volta, di dimostrare che la difesa delle prerogative parlamentari sia sinonimo di cambiamenti positivi e di progresso in questa fase della nostra vita nazionale.
Rai: la vigilanza telecomandata
Di Celestino Spada|2015-03-12T15:33:18+02:00Marzo 5th, 2015|Categorie: Editoriali, I più letti|0 Commenti
Scrivi un commento