Considerando che il Pdl ha attivamente partecipato e ha votato sia la legge Severino, che conteneva la delega in materia di incandidabilità, sia il parere sul successivo decreto legislativo, e che allora le critiche vennero dal fronte giustizialista, che riteneva le norme troppo lievi anche perchè limitate alle sole sentenze definitive (limite, quello sì, imposto dalla Costituzione), le obiezioni presentate in queste ore non sono pertinenti e non furono mai proposte al momento del varo della normativa.
L’unico dibattito che vi fu sulla costituzionalità e sulla retroattività, date per scontate, fu a proposito delle sentenze derivanti da patteggiamento, perchè sostanzialmente non sono di condanna. Per questa ragione l’art. 16 del decreto crea solo per quelle un’eccezione alla regola che prevede di considerare solo le sentenze successive alla legge. Per tutte le altre è pacifico che le sanzioni siano applicabili sia a sentenze sia a fatti precedenti. Del resto che senso avrebbe avuto altrimenti fare una corsa per arrivare con le norme qualche giorno prima della presentazione delle candidature, se poi non fossero state applicabili?
Giova ricordare che l’incandidabilità non è una sanzione penale: agisce in materia elettorale con l’ampia copertura della riserva di legge prevista dall’art. 51 della Costituzione. La grande maggioranza che votò la legge e il parere sul decreto ritenne l’esclusione dalla rappresentanza dei condannati in via definitiva una scelta importante in quella cornice. Quanto infine al problema specifico di retroattività, che si ha con la decadenza per incandidabilità sopravvenuta, va ricordato che essa non è stata inserita all’improvviso dal decreto, ma che fu presente senza problemi sin dall’inizio nella delega (art. 64 comma 1 lettera m).