Il gruppo socialista in Senato, non avendo ricevuto risposta dal Presidente del Senato alla lettera inviata nell’aprile scorso sui criteri di ammissibilità degli emendamenti all’articolo 2, ha deciso di proporre cautelativamente la rielaborazione della norma sulla composizione del futuro Senato, avvicinandola il più possibile al Bundesrat tedesco. Questa era l’opzione che da anni veniva considerata tra le più ragionevoli nell’elaborazione delle Commissioni per le riforme istituzionali come ricordato anche dal Presidente emerito Giorgio Napolitano nella riunione del Gruppo Autonomie-Psi-Maie in cui la componente Psi ha presentato il suo testo.
Come chiesto anche dai presidenti Chiamparino e Rossi, il nuovo Senato deve essere realmente sede di raccordo tra Stato e Regioni, ciò non può che avvenire con un monocameralismo di fatto, spostando il focus delle funzioni dalla legislazione all’alta amministrazione sostituendo sedi poco trasparenti come la Conferenza Stato-regioni ed imponendo un tetto onnicomprensivo agli emolumenti erogati da tutti i soggetti pubblici, comprese le regioni a statuto speciale.
L’elaborazione delle modifiche alla Carta costituzionale non può essere frutto di un dialogo tutto interno al partito di maggioranza relativa, né tantomeno è ammissibile che il Presidente del Senato utilizzi i suoi poteri di ammissibilità per sancire o propiziare accordi. Se sarà ammesso anche solo un emendamento all’articolo 2, deve esserlo anche il nostro e deve essere posto ai voti prima degli altri, per la sua maggiore distanza dal testo licenziato dalla Camera. In via subordinata, i senatori socialisti sono comunque per l’introduzione del vincolo di mandato per i nuovi senatori siano o meno essi espressi dagli Esecutivi regionali.
Personalmente non vedo come possano essere ammessi emendamenti all’articolo 2. Ma io sono un rottame della prima Repubblica, e soprattutto non sono un “nativo digitale”, come a quanto pare è il senatore Calderoli. D’altronde, in un Parlamento in cui siede un cospicuo gruppo governato da un blog, c’è spazio anche per un algoritmo che partecipa al procedimento legislativo. A meno che il presidente del Senatoi non scenda dal suo monumento equestre ed eserciti i suoi poteri come avrebbero fatto Fanfani e Spadolini (ma anche Marini e Schifani).
Caro Direttore, neppure io sono nativo (anche se un po’ aborigeno sì) ed anch’io ricordo quando la politica si incaricava di servire la pietanza all’opinione pubblica, senza invitare il cliente nelle cucine a spiegare come si cucinava la minestra. Poi ci hanno raccontato che le nuove regole della casa impongono di chiedere ai passanti di dire la propria su come si mette in salamoia il canguro. L’obiettivo si è lentamente spostato dalla politica alla sondaggistica, fino a quando è arrivato il finale del direttore di Prova d’orchestra di Fellini…
Gentile Direttore, mi permetto di rinviare, sulla questione della emendabilità, alla memoria depositata dall’avvocato Besostri in prima Commissione Senato (http://www.nuovatlantide.org/sulla-navette/); sul nesso tra forma di governo regionale ed indirizzo politico della seconda Camera tedesca ad un mio breve elaborato (http://www.nuovatlantide.org/donde-promana-lindirizzo-politico-espresso-dai-lander-tedeschi-nel-bundesrat/).