L’editoriale del direttore, sul numero di aprile di Mondoperaio, mi induce più che mai a riflettere. Da decenni ci dibattiamo alla ricerca di una nuova “forma-partito”, non solo a sinistra. Non mancano al riguardo analisi e proposte, volte ad esempio a coniugare radicamento sul territorio e partecipazione digitale. Le primarie del Pd, poi, offrono l’occasione per provare a comprendere meglio il rapporto fra quel soggetto politico e il resto della società, quasi fossero l’interfaccia fra essi.
Soffermiamoci per un istante su una domanda: come mai è diventato così difficile trovare tale “forma”? Oggi i partiti, nell’immaginario di tanti, rappresentano l’emblema di una sorta di democrazia “sotto tutela”, con cittadini “minorenni” bisognosi quasi di venir imboccati. D’altro canto molti notano come i membri di una “società civile” più che mai frammentata si costruiscano delle “nicchie” (spesso telematiche) nelle quali è assai incerto e sfumato il confine fra verità, mezze verità e bugie. Nelle quali, inoltre, non di rado si finisce per comunicare con se stessi, inseguendo la condivisione come un miraggio.
Rispetto a ciò che sembrava delinearsi all’indomani di Tangentopoli, dunque, la linea di frattura non è fra “società politica” e cittadini. Fra i mille rivoli dai quali questi ultimi vengono lambiti, l’unica koinè pare essere un’indignazione generica e sterile, nutrita di luoghi comuni. Il difficile non è tanto scorgere il fondo di verità che può nascondersi dietro tali luoghi comuni, quanto farne emergere la pars construens, vale a dire le proposte più efficaci al fine di risolvere i problemi e irrobustire la democrazia.
Da qui l’esigenza di “vasi comunicanti”: idee ed esperienze non dovrebbero restare confinate nelle nicchie, neppure in quelle digitali: bensì circolare in spazi aperti e arieggiati. Ecco il senso di una rifondazione delle forze politiche: offrire all’insieme della società, con le sue spinte e controspinte, dei luoghi di confronto e di elaborazione, di scambio e di crescita.
Ѐ qui il senso di una comunità politica rispetto a un più ampio spazio pubblico tanto prezioso quanto caotico. Detto altrimenti: i partiti dovrebbero contribuire a passare dalla cacofonia alla polifonia. Un’utopia, con i tempi che corrono? Forse.