Spesso eventi come il matrimonio fra il principe Harry e Meghan paiono situati nella dimensione della fiaba o del sogno. Proviamo allora a ricollocarlo qui, sulla terra. Che lezione trarne? A me pare ad esempio che il Regno Unito, a dispetto della Brexit, continui a fungere da ponte fra il Vecchio e il Nuovo mondo. Pur senza ignorare l’enfasi posta dai reali inglesi sul Commonwealth, l’Europa e gli States, l’Atlantico e la Manica restano per i britannici le coordinate geopolitiche fondamentali.
La Corona inglese, poi, sopravvive grazie alla sua capacità di adattarsi ai tempi, magari con fatica e in maniera tortuosa. E la stessa “commistione” fra politica e religione da quelle parti gioca, per strano o paradossale che possa sembrare, a favore dell’innovazione: per dirne una, la Comunione anglicana comprende altre chiese, oltre a quella d’Inghilterra; fra esse quella episcopale, radicata negli Usa. Perché stupirsi, dunque, del vescovo afroamericano che ha svolto il sermone, paladino dei diritti dei neri e dei gay, e della citazione di Martin Luther King, o magari del coro Gospel? Per non dire che il metodismo, con il suo respiro universale, nacque nel XVIII secolo proprio in seno all’anglicanesimo.
Al di là dell’onirico o del fiabesco e senza considerare un’eresia la contestazione della permanenza stessa della monarchia, quel matrimonio ci spinge a guardare alle vicende del mondo con occhi un po’ meno provinciali.