Nord e Sud sono, come si sa, delimitazioni relative, quando non sono quelle usate nel loro senso geografico, ma, come accade da tempo, in senso economico-sociale o antropologico o culturale. In Italia l’uso non geografico dell’antinomia Nord-Sud è molto meno recente. E proprio l’esperienza italiana dimostra meglio quanto quest’uso non geografico possa essere problematico.
Quante volte abbiamo, infatti, scoperto qualche Sud al Nord o un Nord nel Sud dell’Italia?
A livello internazionale l’antinomia Nord-Sud non ha fatto che diffondersi sempre più, fino ad assumere una dimensione planetaria, per cui il Nord rappresenta l’emisfero terrestre dei paesi sviluppati e ricchi e il Sud rappresenta l’opposto emisfero dei paesi arretrati e poveri.
Questa distinzione si è nello stesso tempo accompagnata a una crescente e spesso fastidiosa retorica e a un ipocrita conformismo (ma, per fortuna, anche a un grandioso fenomeno di solidarietà e di soccorso umanitario). Nessuno, comunque, può dire che anche a livello planetario l’antinomia Nord-Sud non abbia i suoi fondamenti.
Se ne ha una buona riprova nel saggio di Gianfranco Viesti, Nord e Sud: una nuova lettura europea (“Il Mulino”, 2013, n. 5), tanto bene informato quanto ben condotto. Il succo ne sta, per me, nell’affermazione che nell’Unione Europea di quest’ultimo decennio o dodicennio “ogni ipotesi di ‘austerità espansiva’ si è rivelata del tutto inattendibile”. L’idea ossessiva che l’austerità in tutti i suoi aspetti di finanza pubblica, un assoluto liberismo e una virtù taumaturgica del mercato producessero di per sé, automaticamente la ripresa dalle crisi in corso e ulteriori sviluppi, si è dimostrata più che infondata. L’analisi di Viesti è, per questo verso, ineccepibile e, per noi, del tutto da condividere.
Che poi in questa chiave si possano ravvisare linee operative di politica per lo specifico problema del nostro Sud, è un altro discorso. E, invero, noi non crediamo molto neppure a un trasferimento radicale di questo problema in sede europea.
Soprattutto ci pare, però, che il discorso di Viesti pecchi su un punto fondamentale: la considerazione, cioè, degli interessi che a livello politico e sociale determinano gli squilibri territoriali e se ne avvantaggiano. Egli sa bene che nessun processo di sviluppo si è visto mai omogeneamente diffuso su un qualsiasi territorio. Lo sappiamo tutti e lo diciamo da tempo. Sarebbe, però, ingenuo credere che lo squilibrio si produca al netto dai giochi di potere e di preminenza che caratterizzano ogni vita sociale. A che giova far finta o credere che si possa trattare di squilibri studiando solo le logiche e le dinamiche insegnate dagli economisti?
Si prenda il caso dell’Europa. È ormai evidente che c’è un interesse tedesco e, in minor misura, un asse franco-germanico, che hanno i maggiori interessi a sostenere le politiche enunciate e pretese dagli organi e dalla burocrazia dell’Unione Europea. Pochi ne parlano, quasi si tratti di un tabu intangibile. D’oltreoceano, invece, è risuonata la vibrata protesta di Obama contro la politica economica di Berlino; e pare ora che anche l’Unione Europea emetta al riguardo qualche vagito.
Le stesse cose valgono, è ovvio, anche per squilibri interni come quello del dualismo italiano. Le vecchie formule di classe (come “industriali del Nord e agrari del Sud”) alleati contro il Mezzogiorno (cui si contrapponeva l’altra di “operai del Nord e contadini del Sud”) sono sepolte sotto una spessa polvere storica. Ciò non significa, però, che sia pure tramontata l’esigenza (in effetti, intramontabile) di individuare fronti e realtà sociali su cui combattere le battaglie di riforma e di progresso. Non rendersene conto, come accade nel dominante monopolio di vedute economicistiche e tecniche ritenute socialmente asettiche, è, in effetti, una più o meno esplicita rinuncia a quelle battaglie.
Non che questo assolva i meridionali d’Italia, d’Europa e del mondo dalle loro specifiche responsabilità. Senza, però, considerare l’aspetto politico e sociale, interno e internazionale di questi problemi, certo non si va molto lontano.