Doveva essere il presidente “rivoluzionario”, una sorta di Che Guevara per la Sicilia, e, dopo un anno dalla sua elezione su di lui piovono critiche incrociate, dall’opposizione di centrodestra, dal Movimento Cinque Stelle e dal Pd, il suo partito, che ha parlato di “nomine clientelari”. Ciò che appare più evidente nella esperienza di Crocetta al vertice della Regione siciliana è l’assenza di ogni riferimento ai temi dello Statuto autonomistico (anzi nella vicenda del Muos c’è la sua negazione!), in verità cancellato dall’agenda politica isolana.
E allora i socialisti, che per l’attuazione dello Statuto speciale siciliano sono stati storicamente in prima fila, dovrebbero rilanciare l’iniziativa autonomistica.
E’ opportuno ricordare infatti, che mentre la politica del Partito socialista negli anni che vanno dal 1946 sino al 1956 è genericamente definita come subalterna al Pci e a Mosca, poco approfondimento, anche storiografico, è stato dedicato all’elaborazione culturale autonoma dei socialisti, in particolare sui temi del Mezzogiorno e della Sicilia.
La campagna elettorale del 1955 e i risultati del voto, che segnano un successo dei socialisti, fanno della Sicilia il laboratorio della linea unitariamente approvata dal congresso di Torino del Psi pochi mesi prima. Sia la documentazione offerta da Domenico Rizzo, sia la testimonianza di Emanuele Macaluso ci dicono che Rodolfo Morandi, all’epoca vicesegretario nazionale, e Raniero Panzieri, animatore (e dal 1958 condirettore) di “Mondo Operaio”, sono i protagonisti di questa svolta politica in Sicilia, per il dialogo con i cattolici.
La posta in gioco in Sicilia era altissima: non si trattava solo di colpire il blocco agrario realizzando la distribuzione della terra. Si poneva all’ordine del giorno la gestione pubblica regionale delle risorse idriche e della produzione elettrica e soprattutto la nuova questione delle risorse petrolifere. Era un intero assetto di potere, un vero e proprio “blocco storico” gramscianamente inteso, coagulato attorno ai governi Restivo, che era messo in discussione. Segnale della durezza e della gravità della sfida è l’uccisione, in piena campagna elettorale, del sindacalista socialista Salvatore Carnevale da parte della mafia.
Il terremoto nei rapporti interni al sistema di potere economico è dato dalla rottura della Sicindustria di La Cavera con Confindustria nazionale. Il nuovo governo Alessi, che ebbe durata breve, fu il risultato dell’autonoma e combattiva iniziativa del Psi posta in essere soprattutto da Panzieri, con la notevole dialettica nei confronti del Pci.
L’esperimento siciliano realizzato da Morandi e da Panzieri non era altro che l’anticipazione della svolta di centrosinistra che nel 1963 opererà Pietro Nenni? Sarebbe azzardato affermarlo senza riscontri documentali. Ciò che appare evidente è la coraggiosa battaglia socialista per l’applicazione integrale dello Statuto speciale d’Autonomia siciliano.
A tal proposito illuminante appare un’affermazione di Rodolfo Morandi, pubblicata sulle pagine dell’ “Ora socialista”, il periodico della Federazione del Psi di Messina del 26 luglio 1957 (due anni dopo la sua prematura scomparsa), dedicato allo Statuto speciale della Regione siciliana: “Noi lo giudichiamo un atto di portata storica nazionale, una svolta decisiva che si è orientata nei sistemi e nelle consuetudini di uno Stato accentratore e soffocatore delle libertà locali che sono il fondamento e il presupposto delle libertà individuali”.
Quanta attualità in quelle parole, che suonano come una condanna senza appello per la stragrande maggioranza della classe politica isolana e del suo ascarismo.
Il recente intervento di Maurizio Ballistreri sulle pagine web di “Mondoperaio” intitolato “MORANDI E PANZIERI: I SOCIALISTI E L’AUTONOMIA SPECIALE IN SICILIA” ci offre l’occasione per riflettere insieme sul rapporto odierno dei socialisti e segnatamente del PSI con l’Autonomia Statutaria Siciliana.
Ballistreri sviluppa una eccellente riflessione sul passato indicando, a ragione, che i socialisti, sono stati storicamente in prima fila nella lotta per l’attuazione dello Statuto speciale siciliano e, bontà sua, auspica che anche oggi i socialisti dovrebbero rilanciare la loro azione autonomistica .
È un auspicio condivisibile e pur tuttavia abbiamo il dovere di riflettere, da socialisti, su di un dato evidente quanto incontrovertibile, cioè che, attualmente, i socialisti organizzati nel PSI non hanno saputo o voluto mettere in campo posizioni autonomiste ed autonome capaci di incidere politicamente e di eguagliare e/o continuare la linea che fu di compagni come Rodolfo Morandi e Ranieri Panzieri, come ben ricorda l’articolista.
Bene ha fatto il compagno Ballistreri a riepilogare l’attenzione strategica, che nel passato, caratterizzò l’attenzione socialista per lo Statuto autonomistico del 1946.
E tuttavia il PSI, adesso, in Sicilia, sembra non mostrare né volontà né iniziative che ne connotino una linea di tale natura. E’ mancata, ad esempio, una qualunque, qualsivoglia azione politico-parlamentare all’Assemblea Regionale Siciliana (NdR il Parlamento Siciliano) che permettesse di coordinare la lotta socialista per la Sicilai con l’applicazione integrale dello Statuto Speciale d’Autonomia.
A cosa è dovuta questa “ disattenzione” ? Potranno e sapranno di sicuro rispondere meglio di Noi i compagni del PSI, ciò che qui mi preme sottolineare è che questo oggettivo stato di cose ha prodotto, in ogni caso, delle conseguenze politiche.
Per prima cosa una scarsa visibilità dei socialisti nell’Assemblea in questa legislatura in corso e poi ha contribuito , non poco, alla scelta di diversi socialisti, interni ed esterni al PSI, di dare vita ad una nuova organizzazione politica: il Partito Socialista dei Siciliani (PSdS) che appunto ha posto, in chiave socialista ed in termini politici conseguenti, l’esistenza di una peculiare, specifica Questione Siciliana, intesa parimenti come questione d’identità e questione sociale. In questa chiave la soluzione della Questione Siciliana, per le compagne e i compagni del PSdS, passa per la piena attuazione dello Statutto autonomistico, inteso come strumento politico-istituzionale fondamentale per i Siciliani e, non a caso, inserito nel cuore vivo della Costituzione repubblicana.
Nessuna Vis polemica e tuttavia non possiamo nasconderci dietro un dito. Tutti i socialisti siciliani ,nel PSI, nel PSdS come anche altri compagni sciolti da vincoli associativi e partitici , si interrogano su: perché il PSI non è conseguente alla sua lunga tradizione autonomista?
Ovviamente la domanda non è rivolta solo a Ballistreri ma anche a Lui che del PSI è parte.
Del resto è appunto questi che cita , meritevolmente, Rodolfo Morandi: “Noi lo giudichiamo un atto di portata storica nazionale, una svolta decisiva che si è orientata nei sistemi e nelle consuetudini di uno Stato accentratore e soffocatore delle libertà locali che sono il fondamento e il presupposto delle libertà individuali”.
E muovendo da queste parole dense di senso e di implicazioni etiche e politiche invitiamo i compagni del PSI guidato attualmente da Riccardo Nencini, le compagne e i compagni che, in Sicilia, ne incarnano e sposano la linea, a recuperare, concretamente, conseguentemente questa linea interpretativa e d’azione.
Noi come Partito Socialista dei Siciliani non intendiamo rinunciare a pungolare i socialisti del e nel PSI e vogliamo farlo, senza alcuna alterigia, lavorando sui contenuti, sulle scelte politiche e parlamentari e incalzando loro e tutta la sinistra con le nostre iniziative politiche, culturali e militanti.
Tutto ciò senza la minima traccia di faziosità ma anche senza nessun complesso d’inferiorità.
Noi abbiamo, difatti, viva coscienza dell’utilità di un punto di vista socialista che si rifaccia alla viva, peculiare, ininterrotta tradizione del socialismo siciliano, che muove, senza soluzione di continuità, dall’ esperienza dei Fasci Siciliani dei Lavoratori fino ad arrivare ad oggi, senza mai rinunciare alle proprie analisi e alla propria identità parimenti siciliana, socialista e schiettamente internazionalista come ben avevano compreso gli indimenticati compagni Morandi e Panzieri.
Bene ha dunque fatto Ballistreri a conclusione del suo articolo a scrivere, citando Morandi di “ una condanna senza appello per la stragrande maggioranza della classe politica isolana e del suo ascarismo”.
Una condanna, appunto, che rischia di conglobare anche l’azione e le scelte odierne dell’attuale PSI se questo non si deciderà a scuotersi dal “torpore” che sembra attanagliarlo.
Fabio Cannizzaro
..dopo il disastro sul campo…(digestione delle Istituzioni nella pancia di cliniche private,forestazione improduttiva etc etc) ..credo si debba aprire una seria riflessione sull’autonomismo e sullo stesso regionalismo,a partire dal Mezzogiorno…Utilizzato per un neofeudalismo senza morale. Il degrado è così disperante che anche un ex regionale autonomista socialista, per 12 anni nell’Istituzione,non si scandalizzerebbe …..Il guaio è che non ci sono energie e strade per cambiare e nemmeno l’Europa ci può cambiare!
Compagno Savino,
hai ben ragione ad invocare una seria riflessione sull’autonomismo e sullo stesso regionalismo.
È tempo di interrogarsi per dare soluzioni all’altezza dei bisogni sociali più che ai “desiderata” di questa o quella camarilla, anche se ci fosse una camarilla socialista, di sinistra o pseudo tale.
Mi permetto solo di ricordare a me, a Te, alle compagne ed ai compagni, delle diverse sigle o affiliazioni, che la responsabilità dell’attuale “stato di cose” non è dell’Autonomismo né tantomeno, nello specifico, dell’Autonomia Siciliana, dello Statuto.
A tal proposito permettimi di citare a sintesi e chiosa di ciò che intendo, un estratto del famoso discorso pronunciato da Piero Calamandrei, il 26 gennaio 1955.
Orazione che si riferisce alla Costituzione ma che vale, parimenti, anche per la nostra “Piccola Costituzione”, che è lo Statuto speciale d’autonomia siciliano non a caso inserito a pieno titolo come parte della Carta repubblicana: “La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé.
La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità “.
Ecco perché sono certo che Tu, ex regionale autonomista socialista, potrai, insieme a Noi tutti, democraticamente quanto convintamente, partecipare a determinare, in chiave socialista, l’occasione perché l’Autonomia del 1946 sia, finalmente, un volano di cambiamento, miglioramento e giustizia sociale come auspicavano tanti compagni socialisti siciliani che ci hanno preceduto nella lotta.
W il Socialismo!
W i Siciliani onesti!
W lo Statuto!