Nella dimensione cubitale delle notizie di oggi e anche per il relativo interesse dei media italiani per le notizie internazionali, è ai margini la notizia della scomparsa, a 85 anni, dell’ex premier (e anche ex primo segretario del PS) francese Michel Rocard, che interpreto’ una modernità di approccio economico-pianificatorio nella cultura dei socialisti europei (che in Italia semplificavamo con la dicitura nostrana di “giolittiani”).
Fu premier per tre anni alla fine degli anni ’80. Diverso e dialettico rispetto a Mitterrand, ritagliò i suoi spazi – in Francia e in Europa – con alti e bassi. Ma con una capacità intellettuale di rilievo, così da mantenere vive relazioni con le componenti “riformiste” del socialismo europeo.
Lo conobbi e lo incontrai in più occasioni. Firmò nel ’91 l’onorificenza che l’ambasciata francese a Roma istruì a mio favore per l’intensità della collaborazione nelle politiche bilaterali sui media e nella cultura svolta in quel periodo. Un suo stretto collaboratore, Joseph Daniel fu – insieme a me – tra i fondatori del Club di Venezia, coordinamento dei responsabili della comunicazione dei governi e delle istituzioni UE, che quest’anno raggiunge il trentesimo anno di vita (che il progetto fosse stato attivato sotto la responsabilità politico-istituzionale di Giuliano Amato in Italia, fu motivo della attenzione personale positiva di Rocard).
Fu premier per tre anni alla fine degli anni ’80. Diverso e dialettico rispetto a Mitterrand, ritagliò i suoi spazi – in Francia e in Europa – con alti e bassi. Ma con una capacità intellettuale di rilievo, così da mantenere vive relazioni con le componenti “riformiste” del socialismo europeo.
Lo conobbi e lo incontrai in più occasioni. Firmò nel ’91 l’onorificenza che l’ambasciata francese a Roma istruì a mio favore per l’intensità della collaborazione nelle politiche bilaterali sui media e nella cultura svolta in quel periodo. Un suo stretto collaboratore, Joseph Daniel fu – insieme a me – tra i fondatori del Club di Venezia, coordinamento dei responsabili della comunicazione dei governi e delle istituzioni UE, che quest’anno raggiunge il trentesimo anno di vita (che il progetto fosse stato attivato sotto la responsabilità politico-istituzionale di Giuliano Amato in Italia, fu motivo della attenzione personale positiva di Rocard).
Le Monde oggi parla di una personalità paradossale, complicata e impulsiva. Aveva, è vero, le dimissioni facili, quando capiva che il gioco politico non gli lasciava più spazi di libertà reale. Ma rappresentava quella politica che sa leggere e scrivere che ha formato un bel pò di classe dirigente con regole che da un pò di tempo sembrano offuscate.
Una delle prime volte che Rocard venne in Italia fu nel 1969. Ad invitarlo non fu Mondoperaio, allora roccaforte dei “giolittiani”, nè tanto meno il Psi. Fummo noi dell’Acpol, l’associazione fondata da Labor e Lombardi, che sola soletta ritenne che per la “ristrutturazione della sinistra” (la sua ragione sociale) era utile un confronto col socialismo europeo (invitammo anche Michael Foot, e fummo i primi ad ospitare Jiri Pelikan nel suo esilio ialiano). Ora il disinteresse per la sua scomparsa non dice niente di buono per la sinistra italiana, che forse sta ripiombando nel provincialismo di 45 anni fa. E non dice niente di buono neanche per il socialismo europeo, in pieno marasma postmitterrandiano e postblairiano.
Stamani, al tempio protestante de l’Etoile a Parigi, si terranno i funerali di Michel Rocard. Come per altri, l’ex Primo ministro francese è stato per me un faro nell’ambito del socialismo europeo. Credente come il cattolico Jacques Delors, scorgevo in lui un erede della tradizione ugonotta. Egli infatti con il suo rigore incarnava davvero l’etica protestante, sempre pronto ad assumersi fino in fondo le proprie responsabilità e ad agire con coerenza.
L’ascesa all’Eliseo di Mitterrand, nel 1981, ha rappresentato una svolta nella storia del vecchio continente. Il presidente è stato fra i principali protagonisti di una sorta di socialismo mediterraneo e condensava le virtù del “principe” machiavelliano, un po’ “volpe” e un po’ “leone”, capace ogni volta di ridestare intorno a sé sostegno e consenso. Rocard era diverso: ricercava senza sosta strade nuove per rispondere ai problemi, provava ad attualizzare la lezione riformista, coglieva i fermenti che agitavano la società e li interpretava all’insegna dei grandi principi della libertà, dell’equità, dell’inclusione e, per l’appunto, della responsabilità. Insomma: era agli antipodi di una concezione strumentale delle varie questioni e degli individui e dei loro affanni.
Il suo era un socialismo arioso, nutrito di una visione alta dei compiti da svolgere. Già: visione e missione, visione e vocazione hanno caratterizzato questo leader. Un leader dell’altra Francia e dell’altra Europa, per dir così. Il bene pubblico per lui non coincideva con il rafforzamento del potere personale. Anzi: proprio lo sforzo e il travaglio interiore erano in lui la cifra di una passione inesauribile. Non era solo uno stile, il suo, bensì un’idea degli esseri umani e della società. Un’idea vissuta alla luce della fede.