La controversia sul metadone dura da qualche decennio. I proibizionisti lo vedono come il fumo negli occhi. Non solo perché, abbastanza correttamente, lo considerano un mero surrogato dell’eroina. Soprattutto perché intravedono nella sua somministrazione un’anticipazione di quella procedura dolce e graduale della disintossicazione per cui si battono gli antiproibizionisti.
Comunque la si pensi, però, non si può dire che Renzi stia somministrando metadone, come invece ha detto Enrico Letta: non lo somministra ai suoi parlamentari, a giudicare dall’acuta crisi d’astinenza in cui sono caduti quanti, come Rosi Bindi, temendo di non essere ricandidati vogliono “lasciare il segno”; e non lo ha somministrato neanche ai sindacati, ai quali semmai qualche dose l’hanno fornita i parlamentari di cui sopra, procedendo per esempio alla castrazione chimica della riforma della scuola,  come denunciava ieri sul Corriere Claudia Voltattorni.
Che poi Renzi spacci metadone al pubblico generico sembra un’enormità. Se proprio di spaccio lo si vuole accusare, si lascino stare gli oppiacei  e si passi semmai agli alcaloidi: altrimenti, fra l’altro, non si capirebbe perché c’è chi, forse velleitariamente, pensa addirittura di costruire una “coalizione sociale” per reagire alla sua aggressività.
Una cosa comunque è certa: metadone sì o metadone no, non si è mai sentito di uno che si sia disintossicato con la camomilla.