Alla fine del 1989, quando venne aperto il muro di Berlino, in molti ci cimentammo sulla probabile riconversione dell’industria bellica. Io, che allora stavo al ministero dei Beni culturali, scrissi anche qualcosa sul possibile uso dei sistemi di puntamento e di altre diavolerie della “guerra elettronica” nelle ricerche archeologiche. Ora, sulla Stampa di ieri, Domenico Quirico ci informa invece dell’uso di reperti archeologici per l’approvvigionamento di armi da parte dell’Isis.
Allora c’era chi predicava “la fine della storia”: e c’erano soprattutto lettori frettolosi di Fukuyama che predicavano (e praticavano) la fine della politica. Dopo la guerra fredda ci sarebbe stato spazio solo per la società civile e per il mercato, mentre l’ordine internazionale si sarebbe riassestato di seguito, come l’Intendenza napoleonica. Non c’è quindi da stupirsi se, dopo un quarto di secolo, un’espressione della società civile come indubbiamente è la ‘ndrangheta riesca a movimentare contestualmente sia il mercato dell’arte che quello delle armi.