Mi perdonerete, ma un certo mio stagionato e censurabile maschilismo è emerso incontenibile osservando l’altra sera in Tv la Lilli Gruber che tentava di ottenere risposte dalla neo onorevole grillina, Marta Grande.
“Com’è carina”, ho detto a mia moglie suscitando l’ovvio fastidio della consorte.
Poi ascoltando la Gruber che tentava di ragionare sui possibili sviluppi della situazione politica cercando di trarre qualche indicazione da colei che viene ritenuta come una ‘promessa’ grillina, candidata in pectore alla presidenza ‘eventuale’ di Montecitorio, ho anche aggiunto: “Ecco come due lauree e un master non contino nulla perché questa è un’analfabeta civile. Insomma ne sa più tua madre ottantasettenne analfabeta ‘vera’ di democrazia e di politica, che questa giovane brillante plurilaureata venticinquenne. La vita vera, vale più della scuola. Di questa scuola, dove evidentemente non si insegna più neppure l’educazione civica”.
Difatti, alle domande circa le scelte da compiere per la “governabilità” dell’Italia, per l’eventuale “fiducia” e per gli indispensabili programmi di “governo”, la neo onorevole rispondeva col mantra grillino: “Noi pensiamo alle idee”. Aspetta, la carina, che sia Grillo a dirle cosa deve pensare.
Morale machista: dietro un bel faccino, niente.
Sul maschilismo sorvolo, giudicheranno le nostre lettrici. Mi limito a osservare che il disorientamento in una ragazza di venticinque anni che nel giro di poche settimane passa dalla militanza in un movimento a Santa Marinella al parlamento e al prime time in tv mi sembra del tutto comprensibile. Oltretutto trovo almeno azzardato giudicare il valore dei titoli accademici di una persona dal modo in cui comporta trovandosi per la prima volta davanti a una telecamera. Non conosco Marta Grande, ma credo che sarebbe più saggio aspettare un po’ prima di dar voce al sentimento. Nelle ultime legislature non mi pare di aver visto molti parlatori articolati e fini pensatori in giro, uomini o donne che fossero.
Non avevo nessuna intenzione di giudicare il valore dei titoli accademici della giovane grillina e per il maschilismo era solo una provocazione. Mi sono già pentito anche di essere stato così brusco nei confronti della militante di Santa Marinella, però continuo a provare una fortissima irritazione verso questa ragazza perché in una situazione così seria come quella che stiamo vivendo non sentivo nessun bisogno di rivivere il clima delle assemblee studentesche del ’68. L’on. Marta Grande non era obbligata a rispondere alle domande della Gruber. Credo che oltre le lauree abbia anche una buona dose di presunzione altrimenti, chiunque, nella sua situazione avrebbe scelto di restare in silenzio.
La mia irritazione cresce se penso che Marta Grande è qualcosa di più di una semplice militante, perché è una stella nascente del movimento e indicata come possibile capogruppo.
Mi chiedo: ma se ha partecipato alle elezioni, dovrà aver prima o poi pensato che poteva anche essere eletta e andare a Montecitorio per occuparsi del presente e futuro degli italiani, o no? A me sarebbe venuta la tremarella di fronte a questo impegno. E non ho venticinque anni. Ma l’on. Marta Grande non sa che questo Parlamento deve eleggere i presidenti delle Camere e dare o negare la fiducia al nuovo governo? Come ha pensato di cavarsela con quelle sciocche rispostine? Penso, e soprattutto spero, che l’on. Marta Grande avrà modo di capire meglio cosa è venuta effettivamente a fare a Roma. Che si porrà finalmente delle domande serie, le porrà al suo guru e ai suoi colleghi. E soprattutto che la prossima volta sarà in grado di rispondere qualcosa di sensato alla Gruber o a chi per lei.
Quanto al paragone con i parlatori articolati delle precedenti legislature, la questione neppure si pone. Tutti sappiamo come parlava De Mita e ne ridevamo anche, ma l’importante era che quello che diceva difficilmente faceva ridere.
Comunque che differenza c’è tra i parlamentari del M5S e quelli del PDL se non hanno la possibilità di pensarla diversamente dal loro capo e devono aspettare che parli lui per parlare loro? Mi spiace, ma non li stimo né li giustifico.
L’improvvisazione dei nuovi adepti l’abbiamo vista, e la stiamo vedendo, in seno ai Consigli Comunali: in mancanza di una conoscenza dei meccanismi legislativi (e di come devono essere percorse le sue fasi) le decisioni finiscono per essere prese dalla struttura burocratica. Quando, dopo qualche anno, iniziano a capirne qualcosa è tempo di cambiare perché la situazione politica si è ribaltata e arrivano i nuovi che devono partire da zero. L’esperienza non si costruisce sui testi di scuola e università ma nella vita pratica di tutti i giorni.
La capacità di affrontare i problemi si acquisisce con anni di esperienza.
Roma, 4 marzo 2013
Voglio dire anche io la mia.
– Meritocrazia del 3° millennio: il merito consiste nell’ essere giovani e nell’ ostentare esperienze=zero; nel non essere interessati al lavoro; nell’ avere titoli di studio o forse anche non.
– Democrazia del 3° millennio: pensiero unico, con allineamento ostentatamente critico nei confronti di tutti coloro che non criticano chi critica il pensiero unico.
– Razzismo del 3° millennio: chi non è nativo digitale non può avere diritti civili.
– Pulizia etnica del 3° millennio: fuori dal Parlamento chi non appartiene al clan dei fighetta-grillini.
– Tangentopoli del 3° millennio: dietro ogni grillino potrebbe esserci qualcuno che ha pagato il suo computer senza che lui se ne accorgesse … magari un papà tesserato PD.
Ciao. Marco Preioni