Lessi la terza edizione, del 1987, del volumetto di Mario Miegge Martin Lutero (1483-1546) – La Riforma protestante e la nascita delle società moderne. La collana era quella dei “Libri di base” degli Editori Riuniti. E oggi, mentre si avvicina il 2017, quando ricorreranno cinquecento anni dall’inizio della Riforma, con lo stesso titolo è disponibile una nuova versione del libro, proposta dalla casa editrice Claudiana, con ritocchi e integrazioni. Poche volte un testo divulgativo raggiunge tanto rigore, acume e profondità, arricchito da un’interessante appendice sulle eresie medievali e sulle chiese nate dalla Riforma, e da preziose indicazioni bibliografiche.
Di solito i manuali scolastici mettono in luce due aspetti del protestantesimo: il pensiero religioso di Lutero e la dottrina morale sviluppata da Giovanni Calvino e dai suoi seguaci in Inghilterra e in America. Però per comprendere quelle vicende occorre senza dubbio considerare la “visione della storia” che animava i riformatori. Scrisse Lutero in polemica con Erasmo da Rotterdam: “Se dunque Dio lotta contro Satana e tutto il suo partito, come può non esserci discordia nel mondo? Perciò chi vuole sedare la discordia deve togliere via e proibire la Parola di Dio. Difatti quando viene la Parola di Dio, ogni volta che è predicata, essa vuole mutare e rinnovare il mondo”.
Il riformatore si rifà di certo alle profezie di Daniele e dell’Apocalisse e all’esilio babilonese del popolo d’Israele (586-538 a.C.): “I grandi profeti ebrei del VI secolo a.C. non avevano annunciato soltanto la fine di Babilonia e la liberazione del popolo esiliato, ma anche la ricostruzione di Gerusalemme”. Se le profezie apocalittiche annunciano il “Millennio”, durante il quale regneranno sulla terra Cristo e i “santi”, i racconti biblici della ricostruzione prefigurano “un’epoca storica tormentata, piena di prove e conflitti, ma non dominata dall’idea della fine del mondo”. Lutero sottolinea pure la distinzione tra “uomo interiore” e “uomo esteriore”, tra il regno spirituale e quello mondano, e da ciò prende le mosse per contestare aspramente la predicazione e l’azione di Thomas Müntzer, che partecipa alla rivolta di 8000 contadini soffocata nel sangue il 15 maggio 1525 in Turingia e viene decapitato.
Konrad Grebel e Felix Manz, di Zurigo, concordano con l’accusa mossa da Müntzer a Lutero di compromesso con le autorità politiche, respingendo però l’uso della violenza volta a realizzare subito il “regno dei santi”. Essi sono i primi esponenti del movimento anabattista convinti che l’adesione alla comunità dei credenti possa scaturire solo da una libera decisione del singolo. Molte delle loro idee vennero riprese nel secolo successivo dagli “indipendenti” e dai battisti inglesi, in nome della libertà religiosa e della separazione della chiesa dallo Stato (da qui il termine “settari”).
E con lucidità Miegge coglie le vicende delle rivoluzioni inglesi. La prima, in particolare, fu animata soprattutto dai calvinisti d’oltre Manica, i “puritani”, così chiamati in quanto “volevano ‘purificare’ la chiesa anglicana dalle forme del culto e dagli ordinamenti che apparivano ancora affini al cattolicesimo”. Restano memorabili, ad esempio, i sermoni pronunciati dai predicatori puritani dinanzi al Parlamento inglese, pur nella consapevolezza della diversità dei compiti della predicazione rispetto a quelli del potere politico.
E che dire dell’etica protestante? Max Weber non intendeva cogliere nessi di causa ed effetto fra morale protestante e “spirito del capitalismo”, bensì delle affinità. Michael Walzer, dal canto suo, nota che “i puritani inglesi crearono per la prima volta nella storia moderna una forma di partito politico, basato sulla adesione volontaria a principi ideologici e a programmi di riforma della società”. Tuttavia la principale novità dell’etica protestante è da scorgere nel lavoro su se stesso che l’essere umano è chiamato a compiere: “non posso più identificarmi con quello che sono ora ma con quello che devo diventare”. In definitiva, se il Rinascimento restò un fenomeno elitario, la Riforma luterana e il calvinismo (dal quale scaturì fra l’altro la “teologia del patto”), per dirla con Gramsci, “suscitarono un vasto movimento popolare nazionale”.
(Tratto da Riforma – settimanale delle chiese battiste, metodiste e valdesi del 10 gennaio 2014).
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