Il risultato elettorale ha per qualche giorno nascosto gli irresolubili problemi che saranno presto di fronte a Silvio Berlusconi. A lui, non ancora al suo partito. E non si tratta solo di problemi politici. Anzi, il problema politico è uno solo: al Senato appena eletto, come primo compito, è affidato il giudizio sull’elezione dei propri membri. Come sappiamo, un impedimento giuridico alla partecipazione di Berlusconi alle elezioni c’è sempre stato: si tratta del divieto di candidarsi per i titolari di concessioni dello Stato. E il cavaliere è un concessionario televisivo.
Dal 1994 ad oggi la questione non ha avuto mai la possibilità di essere affrontata, dato che i numeri per affermare la sua ineleggibilità nelle varie Giunte per le elezioni ci sono stati solo per brevi periodi. E quando c’erano era sempre prevalsa l’idea che fosse necessario sconfiggerlo politicamente, non con un escamotage giuridico che avrebbe messo in soffitta i milioni di voti da lui ricevuti.
Oggi non è più così: nel momento in cui la Giunta per le elezioni del Senato affronterà il problema, e lo affronterà per scelta politica dei senatori, non potrà non riscontrare la condizione di ineleggibilità del leader del Popolo della Libertà, sancendone la decadenza.
C’è una sola possibilità perché accada qualcosa di diverso, e non è un’ipotesi gradevole per il cavaliere. Tutto dipende dai tempi che occorreranno per l’elezione del presidente del Senato e per la costituzione delle commissioni parlamentari. Infatti una corazzata sta per salpare dal porto di Napoli: è la corazzata “Richiesta di arresto” di Berlusconi nel processo avviatosi per la corruzione del senatore Di Gregorio. Poiché l’arresto può essere chiesto per tre sole possibilità – inquinamento delle prove, fuga, reiterazione del reato – sarà la terza di esse la ragione della “Richiesta”: mai come ora può essere nel cavaliere la tentazione di comprare qualche parlamentare. E se Berlusconi non sarà già decaduto per decisione della Giunta di cui abbiamo detto, si troverà costretto a scegliere, in pochissimo tempo, se andare in una delle prigioni della Repubblica italiana o rifugiarsi dal suo amico Putin o in una delle sue magioni nel mar dei Caraibi.
Sarà accompagnato dall’esito del processo di appello Mediaset, per il quale è difficile immaginare un’assoluzione, e da quello “Ruby”, per il quale è prevedibile un’altra condanna. Per il primo ci sarà il ricorso in Cassazione, per il secondo, l’appello.
Si concluderà così – e presto – la parabola politica di un personaggio che con la sua discesa in campo aveva acceso tante speranza nell’Italia moderata e liberale: soprattutto quella che il sistema dissipatorio delle risorse pubbliche sarebbe terminato e che il paese avrebbe attraversato una stagione di vere, reali liberalizzazioni.
Ma tanto Berlusconi è capace di vincere le elezioni quanto è incapace di governare: così il carico di speranze è andato disperso, e oggi il pacchetto di voti che ha ricevuto, al di là di ogni merito personale e politico, torna a disposizione di chi avrà voglia di percorrere un cammino politico distinto da quello del Pd, del Movimento5Stelle e dal medesimo fondatore del Popolo della Libertà.
Non è il momento di esprimere un giudizio su questa consecutio temporum: è il tempo di attenderla con serenità, visto che siamo ancora all’interno di un legittimo e democratico procedimento politico-parlamentare, previsto dalla legge.
C’è solo da chiedersi se, sgombrato il campo dal cavaliere “mascarato” (nel senso di Mascara) e mentre incombe l’Uomo mascherato (nel senso di Beppe Grillo sulla spiaggia di Marina di Bibbona), le condizioni di governabilità del paese miglioreranno. Questo conta, in fondo. Gli uomini hanno ineluttabili parabole, spesso accelerate dai loro errori. E Berlusconi ne ha commessi tanti, di sicuro troppi.
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