Pare, finalmente, che il lavoro, l’occupazione di qualche giovane in più, sia la preoccupazione pressante della nuova classe dirigente del Pd, a cominciare da Renzi e da Letta. Così ogni giorno leggiamo anticipazioni di nuovi “piani” con terminologie non sempre chiare, che vanno dal cosiddetto cuneo fiscale al superamento, in qualche modo, dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, inteso (malamente, secondo me) come freno a nuove assunzioni da parte delle imprese. E però il discorso riguarda quasi esclusivamente la “tecnicalità” del mercato del lavoro e del suo funzionamento, mentre poco o niente si dice sui settori trainanti da sostenere per creare nuova occupazione.
Mi domando: se pure si togliesse ogni onere a carico delle imprese per i nuovi assunti nel settore metalmeccanico, si creerebbe nuova occupazione, visto che nuove macchine se ne comprano davvero poche? A mio modesto (e periferico) avviso, il problema resta quello di individuare le direttrici lungo le quali indirizzare lo sviluppo del paese. Se si osserva che continuiamo ad importare patate o fiori, è qui che dobbiamo incidere strutturalmente per produrre da noi patate e fiori. Lo stesso si dica per tutto il settore agricolo. Un altro esempio riguarda la portualità turistica, di cui manca una rete soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia: porti turistici in grado di assicurare anche manutenzione, ordinaria e straordinaria, delle barche da diporto, per alimentare, fra l’altro, microcorrenti di turisti-proprietari delle barche in “visita” ai loro scafi d’inverno per controllarne lo stato. Così per la formazione professionale: se mancano artigiani – specificamente idraulici, elettricisti, falegnami – è in questi settori che bisogna organizzare i corsi di formazione professionale, invece di restituire milioni di euro alla Comunità europea erogatrice.
Certo, molti italiani (giovani e meno giovani) devono capire bene che il tempo del “posto” è finito, mentre quello del lavoro è di tutta attualità, a cominciare, solo un altro esempio, dall’imbarco su navi per passeggeri e merci o su petroliere. Lavoro, quindi, anche in settori poco “ambiti”, da tempo lasciati agli immigrati, pur sapendo che il lavoro è dignitoso in quanto tale. Poi ci sono settori, sempre trainanti, come quello del patrimonio culturale, spesso irresponsabilmente trascurato: non è il solo nel panorama delle grandi risorse di cui è ricco il nostro paese. Ne cito una, un po’ “stravagante”, da includere fra le possibili occupazioni: in Italia la tradizione del bel canto ha dato grandi voci al mondo, all’arte ed al nostro godimento. Ebbene, da tempo non si sentono grandi voci italiane: dall’estero, fin dalla Corea o dall’Est europeo, arrivano le voci più “accorsate”. Se poi si aggiunge che lo strapotere delle agenzie (nessuno rimprovera questo al management dei grandi teatri italiani) riesce ad imporre stranieri anche nelle parti piccole e medie delle opere, il quadro della decadenza di quest’altro antico patrimonio italiano è completo.
Ancora: fra quelli che compilano le statistiche qualcuno si è preoccupato di calcolare quanto in cachet per questi artisti va via dall’Italia? Non parlo del calcio, il cui cattivo funzionamento nel settore giovanile, trascurato e negletto, sta portando in Italia non solo celebrati campioni, ma anche modesti giocatori per le categorie minori. Un’idea per il mio amico Carlo Dell’Aringa, sottosegretario al Lavoro: la formazione professionale non potrebbe applicarsi anche alla preparazione di giovani calciatori? Come si può vedere, ci sono tanti filoni, tutti “coerenti” con la nostra organizzazione sociale, che si possono esplorare per creare lavoro. Ripeto, non si tratta di materia solo per giuslavoristi, ma soprattutto per i cultori di una diversa e più approfondita politica economica che sappia leggere la realtà dell’Italia e da questa partire per costruire nuova, ed anche originale, occupazione. E penso che in questo senso Matteo Renzi potrà contare sulla esperienza coraggiosa ed innovativa di Oscar Farinetti e della sua prestigiosa creazione, Eataly.
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Va via un anno di mediocrità in cui perfino un cagnolino è diventato “celebrato” protagonista! Certo, non tutto è da gettare, a cominciare dalla testimonianza responsabile del Presidente della Repubblica Napolitano fino alle speranze accese da questa nuova generazione del Pd, ma la distinzione fra mediocrità e qualità dovrà essere sempre più netta, soprattutto, nella capacità di percezione da parte dei cittadini. L’evento più bello però, a mio avviso modesto, è stato l’avvento al Soglio Pontificio di Papa Francesco! È vero che, almeno per i credenti, in questo caso è determinante l’intervento dello Spirito Santo, che i Cardinali invocano entrando in Conclave nella fascinosa Cappella Sistina con lo stupendo “Veni Creator Spiritus, mentes tuorum visita, imple superna gratia…”: sento di dire, almeno questa volta, ha colto proprio nel segno. Il mondo, non solo quello cattolico, aveva proprio bisogno di Papa Francesco: il suo messaggio ispirato sia la speranza per quanti non vogliono rassegnarsi alla mediocrità ed alla disperazione. Auguri!
L’inaugurazione del negozio di Eataly a Bari, un paio di mesi fa, è stata oggetto di un’astiosa polemica di Cgil, Cisl e Uil che pretendevano da subito assunzioni a tempo indeterminato. L’ipotesi di affidare l’inventariazione digitale del patrimonio culturale ad un fondo finanziato dalle fondazioni bancarie è stata sdegnosamente bocciata dal ministro Bray, che ha preferito selezionare 500 giovani laureati col massimo dei voti a 400 euro al mese. Iacono ha ragione, ma l’Italia delle burocrazie e delle corporazioni è dura a morire, specialmente quando si tratta di difendere rendite di posizione in quel grande bacino occupazionale che è il terziario (avanzato e no).