Credo da sempre che occorra governare i fenomeni, più che illudersi di proibirli. Così la dichiarazione del sindaco di Milano Beppe Sala – che ha ammesso di aver provato da ragazzo lo “spinello” – squarcia il penoso velo di ipocrisia di solito associato ai discorsi sull’argomento.
Proviamo per un istante, però, a guardare a esperienze e ambiti in apparenza distanti. L’attuazione di norme come quelle sull’interruzione volontaria di gravidanza o sulla fecondazione assistita è seriamente compromessa dall’obiezione di coscienza di numerosi operatori sanitari. E si teme che possa accadere lo stesso con la legge sul fine vita. Da qui un insegnamento assai semplice: urge far seguire ai provvedimenti legislativi politiche attive volte ad attuarli davvero.
Rispettare il singolo, promuoverne dignità e libertà, non significa lasciarlo in balia degli eventi, abbandonarlo. La libertà e le politiche sociali andrebbero concepite insieme, e insieme dovrebbero procedere e crescere. Libertà e responsabilità, risorse individuali e comunitarie non sono fra loro in contraddizione: si tratta piuttosto di aspetti complementari e intimamente legati dello sviluppo delle capacità dei singoli e delle potenzialità dei gruppi.
Così, ad esempio, la legalizzazione di sostanze psicoattive non può voler dire: “adesso cavatevela da soli”. No: la persona va adeguatamente informata, supportata, accompagnata. Solo grazie alla ricca trama di un tessuto sociale sviluppato si può far leva sulla sensibilità e sull’intelligenza dell’individuo. Sì al superamento delle politiche proibizioniste, dunque; ma sì anche a un nuovo Welfare. L’arte di arrangiarsi non può supplire all’assenza dell’intervento pubblico.
Da giovane mi sono battuto per il rispetto dell’obiezione di coscienza al servizio militare, e non vedo perchè da vecchio dovrei negarlo ai medici: sempre che, ovviamente, non si tratti di obiezioni opportunistiche, e soprattutto che il servizio sanitario si attrezzi per rimpiazzare gli obiettori. Ma non è questa la questione principale che pone Di Matteo. E’ quella di accompagnare l’abbandono del proibizionismo con adeguate politiche sociali. E’ questione cruciale soprattutto nel caso di un’eventuale liberalizzazione di alcune sostanze stupefacenti. Sappiamo tutti che se l’alcolismo non dilaga è perchè da secoli c’è una cultura del vino e degli alcolici (“Civiltà del bere” era la testata di una rivista che non so se sia ancora pubblicata). Ed a molti fumatori vennero i brividi quando l’anno scorso qualcuno dei tanti zeloti antifumo propose di sopprimere il brand sui pacchetti di sigarette: come se la preferenza personale per le Gauloises piuttosto che per le Marlboro fosse irrilevante e tutto si riducesse a chimica.