Massimo D’Alema dice che Matteo Renzi ha una visione tardo-blairiana. Gli fa eco Pietro Folena, definendo la linea del sindaco “tardo-liberale” e “neo-blairiana”. Proviamo a distinguere il piano delle suggestioni, per così dire, da quello dei programmi. Riguardo alla prima dimensione, infatti, nessuno brilla in originalità. Folena evoca ad esempio papa Francesco. E la “Costituente delle idee” ripropone l’Epinay italiana. Sia Gianni Cuperlo sia Matteo Renzi lanciano una sorta di scommessa, ma i tratti della sinistra che provano a delineare sono nebulosi.
Il fatto è che lo stesso Blair è stato espressione di una tradizione che tentava di aggiornarsi, con un confronto interno anche aspro. Tramontata l’era Blair, però, il Labour non è morto e il confronto continua. Chiediamoci per un istante: perché la “Cosa 2” è fallita? E forse troveremo la risposta alle incertezze di oggi.
Quella débacle si legava all’incapacità di fare i conti sul serio con la tradizione socialista italiana. Si pretendeva di rifondare la sinistra con un’operazione calata dall’alto, vissuta “sul territorio” come una farsa e una finzione, seguendo la logica della cooptazione e senza porsi più di tanto in discussione. Ѐ lì che la porzione prevalente della sinistra ha mostrato la propria inadeguatezza e la propria mediocrità. Insomma: ancora paghiamo le conseguenze di quell’operazione concepita e gestita in maniera a dir poco maldestra.
La fotografia con cui abbiamo illustrato il post di Di Matteo ci ricorda che nel 1996 eravamo tutti più giovani. Non tutti però avevamo l’audacia della gioventù. Non l’aveva D’Alema, che al congresso del Pds si rimangiò nella replica quanto di nuovo e coraggioso aveva detto nella relazione. Non l’aveva Veltroni, che per coltivare meglio l’Ulivo si alleò con Cofferati. Ma non l’avevano neanche i socialisti, che non scommisero neanche un centesimo sulla “cosa grande” di cui aveva parlato Luciano Cafagna, ed ispirarono i propri comportamenti, di adesione o di rifiuto, soltanto al criterio dell’opportunismo.