Questa nota di Tommaso Gazzolo era arrivata prima delle ultime decisioni di Napolitano. La pubblichiamo solo ora per nostra colpa. Felix culpa, peraltro. Perché essa fotografa molto meglio dei quotidiani di stamattina l’impasse cui il Quirinale tenta di porre rimedio: non con il deus ex machina cui conferire un incarico “istituzionale”, ma riprendendo possesso del potere di agenda setting che l’improvvida surrenchère del Pd rischiava di lasciare in mano a Grillo. Saranno le commissioni messe al lavoro da Napolitano, non i media, a stabilire le priorità. Comprese quelle legate alla sindrome del caimano che sembra affliggere la sinistra.

Il “berlusconismo”, il suo essere “autobiografia della nazione”,  è stato storicamente superato a partire dall’esperienza che ha segnato la fine del IV governo Berlusconi. Non è tuttavia superato politicamente: Berlusconi è oggi il leader della seconda forza politica presente in Senato. Il caimano riflette in questo piccolo scarto, con i suoi piccoli occhi e la sua pelle nel fango. Sa – ed è forse, il solo a saperlo davvero, a saperlo adeguatamente – che la storia lo ha superato. In questo piccolo scarto ha intuito qualcosa che sempre gli era sfuggito: la realtà politica. È il caimano che, senza più storia, ha compreso la situazione politica concreta: la necessità di un governo di legislatura sull’asse Pd-Pdl come unica difesa del sistema parlamentare, la necessità di non concedere ai fascisti “né un uomo né un soldo” (né un presidente del Senato “rispettabile”, né un “taglio ai costi della politica”).

Si dirà che lo ha capito per interesse personale. Forse. O forse c’è qualcosa di più impercettibile: il fatto che le uniche idee veridiche, come scriveva Ortega, sono le idee dei naufraghi: “Il resto è retorica, posa, intima farsa. Chi non si sente veramente smarrito si perde inesorabilmente: e non potrà mai più ritrovarsi, non potrà mai più incontrarsi con la propria realtà”. C’è un presente politico del caimano, e c’è una sua storia che è per sempre passata. Sul piano politico abbiamo bisogno dei suoi possibili, dell’apertura di una serie di possibilità politiche che nessun’altro ha visto o compreso e può dare. Altro è la storia. Per la storia Berlusconi ha raggiunto il suo passato: lo è, semplicemente, ne è per sempre responsabile. Sartre direbbe: «E’ scivolato tutto intero nel passato». In questo smarrimento, in questo scivolamento, Berlusconi rende – lui solo, contro l’idiozia politica del Pd –  politicamente possibile la soluzione contro i fascisti: non un compromesso di governo, ma un accordo tra i due partiti costituzionali, Pd e Pdl, sull’assetto istituzionale e politico del paese per i prossimi 5-7 anni. Il Pd ha risposto: in streaming, si consulta con il M5S. Di questo la sinistra non dovrà ritenersi responsabile? “Trattare la pace coi fascisti voleva dire non rendersi conto della natura del fascismo” (P. Nenni).

Il “berlusconismo” non poteva che esistere a partire da un ordine costituito, da una certa struttura dei rapporti tra interessi economici di alcuni gruppi di potere e sistema dei partiti. Proprio in quanto imprenditore, del resto, Berlusconi non ha mai espresso una politica antiparlamentare. I suoi interessi economici ed i suoi mezzi di pressione (tra cui il sistema televisivo) hanno trovato la loro espressione politica mediata nel tentativo di riorganizzazione, dopo il 1992-1993, del rapporto tra partiti politici ed assemblea. E’ questo tentativo che è politicamente fallito. Oggi il movimento fascista segna il superamento di quel blocco conservatore e reazionario che è stato il “berlusconismo”: fine di un rapporto “classico” tra potere e comunicazione (con il passaggio dal sistema televisivo alla rete), fine dei meccanismi di mediazione degli interessi economici attraverso il partito politico, fine della funzione del Parlamento (che non è quella di “fare le leggi”, ma di rappresentare l’unità politica nella separazione tra governanti e governati. In altri termini, non operativa, ma ideologica).

Una citazione socialista: “D’altro canto una situazione come l’attuale, di sostanziale vuoto politico, è difficilmente sostenibile, è dannosa per il paese e persino pericolosa, data la situazione di grave crisi che stiamo vivendo. È ancora più pericolosa in rapporto ad un’Europa in cui esplode una crisi economica e monetaria senza precedenti, una lunga fase di logoramento con ondate successive di destabilizzazione in vari paesi, che sembra giungere ad una sua prima conclusione. Il vuoto politico fa nascere da un lato poteri confusi e incontrollati, e dall’altro accelera un processo di paralisi e di disgregazione. L’Italia avrebbe bisogno subito di un governo politico fondato su una maggioranza parlamentare, e non di un governo – mi si perdoni – anonimo, minimo, non sufficientemente autorevole» (B. Craxi, 4 agosto 1993).

L’identità del Pd è stata segnata dal “berlusconismo”, e ad esso la sinistra non riesce a rinunciare, anche ora che è stato storicamente superato dall’avvento di una forza fascista nel paese. Il Pd ha un destino, terribile: meglio cedere politicamente ai fascisti che compromettersi moralmente con Berlusconi. Meglio la «pacificazione con i fascisti» che assicurare la fine dei processi a Berlusconi; meglio l’onestà dei giovani fascisti che gli affari sporchi di un imprenditore. La frase sfuggita a Lucia Annunziata contro Alfano è emblematica: siete impresentabili. La storia procede tra le incertezze, a volte rapida, a volte impercettibile. Che sia, però, chiaro: se questo paese vedrà la fine del sistema parlamentare, sarà anche a cagione di una serie continua e prolungata di errori commessi in nome dell’antiberlusconismo.

Il Pd sa che cosa sia una situazione politica concreta? Nonostante sia una settimana che il Pdl lo ripete, il Pd ha un’idea del tutto confusa di cosa significhino politicamente le dichiarazioni di Berlusconi: “Siamo disponibili ad un governo con Pd, Lega e Monti”, “Va bene la candidatura di Bersani come ci vanno bene anche altre candidature del Pd”, “Un governo di larghe intese tra forze disponibili, deve essere un governo politico”. Le proposte che il Pd ha declinato erano le seguenti: 1. Bersani presidente del Consiglio; 2. fine dei processi contro Berlusconi; 3. compromesso politico per il Quirinale; 4. governo di legislatura, con i fascisti per 5 anni  condannati all’opposizione parlamentare senza nessuna possibilità di far approvare nemmeno una legge. Nessun taglio ai costi della politica, nessuna legge anticorruzione. Una soluzione politica di forza. Se essa avrebbe determinato, nell’immediato, una caduta ulteriore dei consensi elettorali, ci sarebbero stati 5 anni per recuperarli. E far dimenticare agli italiani l’esistenza del M5S.

Epilogo: la storia, scriveva Merleau Ponty, è simile ad un’avventura, perché essa “non è mai garantita da una struttura assolutamente razionale delle cose; essa comporta sempre una utilizzazione del caso, bisogna sempre giocare d’astuzia con le cose (e con le persone), dato che bisogna farne scaturire un ordine che non era dato con loro”.