La crisi dell’idea di progresso, legata ai mutamenti del quadro sociale e al tramonto delle ideologie, si accompagna ormai da decenni all’indebolirsi della presenza viva e del ruolo tradizionale dei partiti. Cosa ne è oggi della sinistra, dunque?

A me pare di scorgere, nella realtà, due sinistre. Con un’accezione dell’espressione, però, assai diversa da quella degli anni scorsi. Da un lato per sinistra si intende un orientamento culturale liberal, più o meno vago, lontano sia dalle forze politiche, sia dalle concrete esperienze amministrative e di governo. Una sorta di tendenza o di atteggiamento che serpeggia nella società: una sensibilità particolare verso i disagi dei più deboli o verso istanze di libertà e di emancipazione, nel ricordo (per alcuni) dello “straccio rosso della speranza”. D’all’altro c’è un’area pragmatica che guarda al centrosinistra per la sua maggiore attitudine a risolvere gradualmente i problemi: una fetta di cittadini che si riconoscono dunque nella sua capacità di governo.

Si tratta in entrambi i casi di persone assai distanti dalle dinamiche interne ai soggetti politici, vissute con indifferenza o addirittura con fastidio. Da tali “due sinistre” occorre prendere le mosse: provando nel contempo, però, a offrire spunti, idee, suggestioni, elaborazioni politico-culturali tali da far vincere la pigrizia sia agli uni che agli altri. Una moderna sinistra delle riforme e del cambiamento possibile non può eludere la prova del governo. Nel contempo un’azione riformatrice efficace non fiorisce dal nulla: ha bisogno di stimoli, di coinvolgimento, di pathos.

Resta la questione dei partiti, della loro capacità di ritrovare uno spazio adeguato, di ridare un senso alla loro iniziativa, ripensando se stessi nel profondo. Ma ciò è intimamente legato agli spunti e alle elaborazioni politico-culturali che sapranno offrire.