Il viceministro Fassina giorni fa ha presentato un proprio contributo al dibattito congressuale del Pd. Il “giovane turco” torna ad accusare i “liberal” di subalternità all’ideologia neoliberista, di cui l’agenda Monti sarebbe stata espressione. Per dare fondamento al proprio discorso fa riferimento non solo a elaborazioni politico-culturali di matrice cattolica, ma anche alle posizioni di Benedetto XVI e della Chiesa di Roma. Beninteso: in un paese e in un mondo plurali è comprensibile e opportuno tener conto di tante voci, encicliche papali comprese. Sostanziare i propri argomenti quasi solo così, però, è altra cosa. Al di là del riferimento al disagio sociale e all’esigenza di farvi fronte, infatti, Fassina esprime l’istanza di un maggior impegno pubblico in campo economico. Non delinea tuttavia una piattaforma culturale originale, tale da recuperare i principi di fondo della socialdemocrazia attualizzandoli. Semplicemente accusa di subalternità e di mancanza di autonomia e di respiro politico i fautori di visioni liberal, finendo, come appena scritto, per ricorrere all’ “autorità” di una Chiesa.
Per non dire che alcuni degli esponenti liberal propongono letture dissimili di quegli stessi documenti e di quelle stesse encicliche. Anche qui, talora, non come contributi al dibattito, bensì come fondamento del discorso. Come se la sinistra, nelle sue varie articolazioni, non avesse oggi la forza e la capacità per comprendere e rispondere alle tensioni e ai conflitti che attraversiamo. Una sinistra, insomma, dislessica e quasi afasica.