Il 17 febbraio 1848 (170 anni fa) Carlo Alberto di Savoia, attraverso le “Lettere Patenti”, concedeva ai valdesi i diritti civili e politici (ad esempio la possibilità di frequentare scuole e Università, di conseguire titoli accademici, o di arruolarsi). Poco dopo un mese, gli stessi diritti venivano concessi anche agli ebrei. Da qui la consuetudine degli evangelici di celebrare a febbraio la “Settimana” della libertà. Abbiamo intervistato al riguardo Greetje van der Veer, metodista, membro della Tavola valdese.
Il 17 febbraio del 1600 Giordano Bruno veniva arso vivo a Roma, in Campo dei Fiori. Cosa le suggerisce l’accostamento delle due date?
Ormai da parecchi anni siamo impegnati a promuovere il 17 febbraio come giornata nazionale per la libertà di pensiero, di coscienza, di religione. Un chiaro riferimento al rogo di Giordano Bruno. Un impegno per la libertà religiosa che non si riduce alla nostra piccola realtà, ma che è al servizio di tutto il paese, adesso di nuovo attuale con l’arrivo di molte persone con altre visioni di vita. L’accostamento mi dice che i roghi possono diventare dei falò. La sera prima del 17 febbraio in molte località le nostre chiese accendono i cosiddetti falò della libertà: quest’anno questi falò sono anche i falò dei diritti, affinché non tornino i roghi, che sono sempre dietro l’angolo.
Di solito si dice che la tutela di una minoranza non è solo fine a se stessa. L’obiettivo vero è la tutela e il pieno riconoscimento di tutte. Fra l’altro oggi siamo un po’ tutti in “minoranza”: vi sono piccole e grandi minoranze. Eppure in Italia ancora manca una legge sulla libertà religiosa.
Purtroppo sì, manca una legge sulla libertà religiosa. Questo vuol dire che chi come organizzazione religiosa non ha un’ Intesa con lo Stato italiano ha ancora a che fare con le leggi del 1929, dell’era fascista. Nel clima attuale non è una bella prospettiva. In effetti molti gruppi incontrano delle serie difficoltà: soprattutto nelle regioni Lombardia e Veneto, dove vige un regolamento molto restrittivo al riguardo, che ha portato anche alla chiusura dei locali di culto di gruppi evangelici. Invece una tutela delle varie minoranze è anche una garanzia per la maggioranza. Se sei costretto a riunirti in spazi non ufficiali, più o meno nascosti, il rischio di radicalizzazione è maggiore, devi stare sempre sulla difensiva. Invece se ti trovi sulla piazza come tutti gli altri, sei invitato a un confronto, e quindi a un grado maggiore di integrazione.
Gli studiosi concordano sul fatto che solo grazie ai tentativi di professare la fede liberamente, secondo coscienza – dai movimenti ereticali medioevali ai vari e diversi rami della Riforma – è gradualmente emersa l’idea di libertà tout-court. Un’idea che si è quindi affermata solo dopo che molto sangue è stato versato.
La libertà va conquistata di continuo. Non è facile praticarla ogni giorno una volta conquistata. È sempre sotto fuoco. Bisogna impegnarsi per mantenerla, per svilupparla. La tentazione di tenere questo bene per un gruppo ristretto è grande. Estenderlo come un bene per tutte le persone che abitano questa terra è una lotta continua, perché non ancora dappertutto la libertà come libertà tout-court è una realtà. Difficilmente chi ha dei privilegi fa un passo indietro. Lo viviamo oggi di nuovo, anche qui in Italia. La nostra libertà è una libertà condizionata: condizionata dal sistema economico in cui viviamo.
Oggi gli evangelici, con altri, sono impegnati in uno sforzo straordinario verso i rifugiati e i migranti (si pensi al progetto dei corridoi umanitari). Vi è un legame fra questo sforzo e la Settimana della libertà?
Nel 1848 furono concessi i diritti civili ai valdesi. Questo vuol dire, oggi, dare una vita dignitosa a chi non l’ha. Il nostro impegno verso i rifugiati e gli immigrati viene dalla nostra fede evangelica, una vita liberata dal peccato. Le situazioni in cui vivono i rifugiati e gli immigrati sono espressioni del peccato, peccato inteso come la nostra lontananza da Dio; Dio ci vuole veramente umani. Quindi il legame con la Settimana della libertà c’è, come l’impegno per tutti coloro che non hanno piena cittadinanza fra di noi: ma questo nostro impegno va anche molto oltre il tema di questa Settimana, tocca la nostra fede stessa.
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