Nei decenni addietro il discorso ecologico si articolava su vari fronti. Si puntava ad esempio a sensibilizzare le coscienze sul rischio di estinzione di tantissime specie e varietà di animali e di vegetali (si guardi al panda, simbolo del Wwf). Oppure si poneva l’accento sui limiti dello sviluppo industriale e sui danni procurati dai combustibili fossili. O ancora sul dissesto idrogeologico: dalla desertificazione alle frane. Ed è soprattutto tale dissesto, connesso ai mutamenti climatici, a farci oggi avvertire la concretezza dell’allarme. La tragedia di Livorno è lì a ricordarcelo, come del resto ciò che è accaduto nel recente passato: viadotti crollati, fiumi straripati, siccità.
Eventi nei quali la natura mostra il suo volto di matrigna e gli umani pagano un prezzo pesante per non essersene presi adeguatamente cura. Qualcosa di antico e di sempre attuale è in ballo: il rapporto delle persone con il loro habitat. Spesso in politica si parla di territorio, intendendo il luogo dove si vive, si lavora, ci si relaziona. Luogo sovente distante dai palazzi del potere e delle decisioni. Quel territorio, però, non è popolato solo da esseri umani, con i loro problemi e le loro aspirazioni: vi sono altre forme di vita, importantissime per l’equilibrio dell’ecosistema. E vi sono sorgenti, corsi d’acqua, pianure, pendii, abitazioni, edifici pubblici.
Ciò che desta stupore e amarezza è il ritardo con il quale certi discorsi sono accolti e posti all’ordine del giorno. Anni fa, ad esempio, il compianto Leo Solari mi donò un suo libro del lontano 1975, intitolato La rivoluzione obbligata (prefazione di Pietro Nenni) e dedicato proprio alle sfide e ai dilemmi posti in ogni ambito dal degrado ambientale. Ecco: quella rivoluzione, oggi, è tanto obbligata quanto lontana dal compiersi. E come non sollevare lo sguardo e non accorgerci, ad esempio, che in vaste regioni dell’Africa è in atto la peggiore carestia che si ricordi? Per coniugare responsabilità e speranza, insomma, occorre saper guardare vicino e lontano, nella “gran città del genere umano”.