Come è noto, in Italia non c’è l’elezione popolare del Capo dello Stato. Ciò non toglie che, quando si riuniscono i mille grandi elettori, si dia luogo a un dibattito pubblico parallelo che in qualche modo pretende di surrogare l’elezione diretta. Si dà luogo, cioè, ad un’elezione virtuale che è tale non solo perché non ha effetti giuridici, ma perché coinvolge soltanto i frequentatori della realtà virtuale del web.
Questa volta the winner is Giancarlo Magalli, che nelle “quirinarie” organizzate dal Fatto ha conseguito la bellezza di 23.000 voti. L’insuccesso gli deve aver dato alla testa, perché sul Corriere di ieri si paragona a Reagan e addirittura a Schwarzenegger. Ma poi è tornato nei suoi panni e ha fatto sfoggio di cultura politica: “Pensare che il più accreditato candidato alla successione di Giorgio Napolitano possa essere un socialista, a me, che qualche annetto ce l’ho, sembra una roba da primissina Repubblica”, mentre “per i giovani è Pleistocene, è Big Bang”; fino a chiedersi: “Un socialista? Uno che arriva da un’altra era geologica? E perché?”.
Il perché, se vuole, glielo possiamo spiegare noi. Ma sarebbe fatica sprecata. Più utile, invece, è chiedersi che cosa abbiamo fatto di male per meritarci questi maitres à penser.
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