Di recente, “Reset on line” ha pubblicato un dossier (n. 143/2013) sul tema “Machiavelli, il pensiero che ci ha fatto moderni”. Al dossier hanno contribuito diversi studiosi, tra i quali Marco Geuna, filosofo dell’Università statale di Milano, con l’interessante e lungo saggio dal titolo: “Il Machiavelli repubblicano di Quentin Skinner”; cioè di uno dei più eminenti e influenti studiosi contemporanei del pensiero politico. La scelta di uno studioso dell’opera di Machavelli, qual è Skinner, dipende per Geuna dal fatto che lo studioso britannico si misura col pensiero del Segretario fiorentino in due modi: per un verso, egli si sforza “di elaborare un’interpretazione storica di Machiavelli, rintracciando i contesti intellettuali più significativi”, al fine di comprenderne le tesi di fondo; per un altro verso, si rifà “a Machiavelli con intento squisitamente teorico nel quadro del suo tentativo di recuperare il repubblicanesimo, ed il suo ideale di libertà, come terza via praticabile nel dibattito normativo contemporaneo tra liberali e comunitari”.
Ciò che qui interessa non è lo Skinner storico, ma quello teorico-politico, per considerare il modo in cui lo studioso britannico si rifà a Machiavelli nel contesto del suo progetto di recupero del repubblicanesimo e delle sue ricerche sul concetto di libertà. Machiavelli concorre a mettere a punto, a suo giudizio, una concezione della libertà di grande interesse e coerenza che merita di essere proposta come valore portante nel mondo contemporaneo. Skinner, cercando di dare un profilo autonomo al repubblicanesimo, ritiene che la libertà repubblicana non sia la libertà positiva (libertà di) del liberalismo, ma una particolare forma di libertà negativa (libertà da). Ogni singolo individuo partecipa alle vicende del sistema sociale del quale è parte, non tanto perché è un suo diritto naturale, quanto perché ha interesse ad impedire che il governo della società degeneri in una tirannide, in grado di mettere in discussione la sua sicurezza. La partecipazione politica, per Skinner, non si configura quindi come un fine ultimo, ma come un fine intermedio.
In questo modo, secondo Geuna, Skinner configura il repubblicanesimo come una teoria politica utile al presente; egli, cioè, fa discendere da una teoria repubblicana ripensata per l’oggi l’interesse dei cittadini a praticare una cittadinanza attiva e partecipativa, in quanto consapevoli del fatto che non hanno nessuna prospettiva realistica di assumere il controllo diretto dei processi politici nelle democrazie moderne, ma convinti che esistono molte possibilità per aumentare la partecipazione pubblica al fine di migliorare l’affidabilità dei depositari delle funzioni politiche.
Per essere efficace, la libertà repubblicana negativa, posta a difesa delle democrazia, deve essere caratterizzata soprattutto dall’assenza di costrizione; questa, per Skinner, è causata dalla dipendenza di alcuni gruppi sociali da altri gruppi, e la costrizione che alcuni di essi possono subire nel condurre la loro esistenza all’interno del sistema sociale rende diverso il concetto di liberta dei liberali da quello della libertà repubblicana. Al riguardo, infatti, se nel corso dell’evoluzione del suo pensiero sul concetto di libertà, Skinner può sostenere inizialmente che la divergenza tra liberali e repubblicani non verte sul significato di libertà, ma essenzialmente sui mezzi necessari a conservarla e a garantirla, in una fase più evoluta del suo pensiero, quale traspare dall’opera Liberty before Liberalism, egli argomenta che il disaccordo verte, non solo sui mezzi per garantire la libertà, ma anche sul suo stesso significato.
Nel saggio, che risale alla fine del secolo scorso, Quentin Skinner difende un’idea di libertà, intesa come libertà dei cittadini dal dominio arbitrario di altri. In questo modo Skinner riapre la classica querelle sulla libertà negativa e positiva, inaugurata da Isaiah Berlin, introducendo una terza concezione della libertà, intesa come indipendenza. Una concezione, questa, messa a disposizione dei cittadini perché possano difendersi nei dilemmi politici e sociali contemporanei. Infatti, se la libertà deve garantire i cittadini dalla coercizione di chicchessia, allora la libertà negativa della quale parla Skinner non può che essere garantita dalla messa in sicurezza dei cittadini stessi; sicurezza che può aversi solo eliminando tutte le disuguaglianze sociali che creano disparità e tali da affievolire o annullare in molti le “capabilities” delle quali parla Amartya Sen, utili per assicurare a tutti la forza morale e materiale per partecipare ai processi politici, su basi paritarie e in assenza di ogni forma di costrizione.
Con l’espressione capabilities, Sen intende le condizioni che consentono ai cittadini “lo star bene” per la conservazione della libertà, nel senso che il livello di libertà che una determinata società può assicurare ai propri cittadini dipende dalla sua capacità di garantire a tutti un’adeguata qualità della vita. Con questa impostazione, Sen giunge a formulare una teoria dello sviluppo dell’uomo in termini di libertà che può essere correlata alla libertà negativa repubblicana di Skinner, la quale può così arricchirsi di una propria dinamica interna che la coniuga alla crescente complessità dei sistemi sociali moderni.
Le teorie politiche, afferma conclusivamente Geuna, sono importanti rispetto alla rimozione dei rapporti di condizionamento sociale che possono contrapporre i cittadini ai soggetti politici preposti al governo dei sistemi sociali contemporanei e ricorda in proposito un aforisma di Ludwig Wittgenstein, che vuole che le parole siano dei fatti (words are deeds); Geuna può così affermare che Skinner, coi suoi studi delle teorie politiche del Segretario fiorentino, ha continuamente tradotto in pratica il monito wittgensteiniano, a vantaggio dei cittadini degli Stati contemporanei, continuamente esposti al pericolo di “involuzioni tiranniche” dei governi, siano essi espressi da politici oppure da esperti.