La giustizia arriva sempre tardi per i colpevoli e ancora di più per gli innocenti, una pesantissima via crucis, fatta di sofferenze psichiche, fisiche ed economiche. Anche in questo caso, un’inchiesta costruita attorno a una suggestione basata sui soliti ingredienti di mafia e politica, si è rivelato una bolla di sapone. Si è messo in moto il tritacarne che ha distrutto innocenti senza fermare lo scontro vero tra mafia e politica, una guerra con omicidi, a cominciare da quello di Salvo Lima, depistaggi e coinvolgimenti senza prove. Senza voler entrare nel merito gli inquirenti dovrebbero valutare bene la consistenza delle prove a carico prima di colpire e arrestare presunti colpevoli. Se il giudice dopo anni, sempre troppi, sentenzia l’inconsistenza dell’accusa, allora diviene evidente che spesso mancano i presupposti già in partenza. E nel caso di Mannino, l’assoluzione è per ‘non aver commesso il fatto’.
In questi casi non si può sfuggire alla sensazione che una certa magistratura inquirente finisca per inseguire fantasmi più che prove materiali e pare che agisca a rimorchio di suggestioni prive di dati di fatto. Resta, infine, la considerazione che, come sempre, essere garantista è un atteggiamento di buona prudenza. Di fronte a situazioni in cui l’opinione pubblica finisce per esprimere una sentenza di condanna a prescindere basata sui titoli dei giornali il magistrato rischia di commettere errori, in questo caso gravissimi, e di vessare degli innocenti anziché cercare e far condannare i veri colpevoli.