Per Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, “l’Italia dimostra di essere ancora molto lontana dal percorso di sostenibilità delineato dall’Agenda 2030 e dagli impegni sottoscritti all’Onu un anno fa”. Lo ha detto lo scorso settembre alla Camera dei Deputati presentando il Rapporto dell’Asvis su “L’Italia e gli obiettivi di sviluppo sostenibile”, prima analisi della situazione dell’Italia rispetto ai 17 obiettivi ed ai 169 target dell’Agenda 2030.
Il punto di partenza, del resto, è allarmante. L’handicap del nostro paese, infatti, si può misurare “con oltre 4,5 milioni di poveri assoluti, un tasso di occupazione femminile inferiore al 50%, oltre 2 milioni di giovani che non studiano e non lavorano; con investimenti in ricerca e sviluppo di poco superiori all’1% del Pil, tassi di abbandono scolastico del 27,3% per i figli di genitori meno istruiti a fronte del 2,7% per i figli di genitori in possesso di laurea e un rapporto tra ricchi e poveri tra i più squilibrati dell’area Ocse; con significative disuguaglianze di genere e una inaccettabile violenza sulle donne (76 femminicidi dall’inizio dell’anno); con un degrado ambientale forte soprattutto in certe zone del paese e tutte le specie ittiche a rischio; con il 36% di persone che vive in zone ad alto rischio sismico e un’alta mortalità a causa dell’inquinamento atmosferico nei centri urbani; con una transizione troppo lenta alle fonti rinnovabili rispetto agli accordi di Parigi”.
Quattro mesi dopo la situazione non è migliorata. L’insostenibilità dello sviluppo non è, ovviamente, solo ambientale. La questione dell’ambiente va intesa più ampiamente, essendo intrecciata con quella sociale, nonché democratico-istituzionale. Per questo la politica deve affrontarne i nodi con una visione olistica, proprio come tentò di fare quarant’anni fa il Club di Roma.
Nei rapporti pubblicati tra il 1972 e il 1978 vennero elaborate previsioni (talora catastrofiche) di lungo periodo. Il titolo del primo rapporto è noto: “I limiti dello sviluppo”. Asvis ha ripreso le previsioni di quegli anni, sovrapponendovi i dati oggi disponibili. Ebbene, il titolo del primo rapporto si è rivelato azzeccato: le previsioni erano corrette, salvo quelle sulla produzione di cibo, che in compenso soffre di un evidente squilibrio di distribuzione. Dunque non c’è davvero nulla per cui gioire.
A Roma, presso Palazzo Giustiniani, c’è stata una nuova tappa del lavoro di animazione del dibattito sulla sostenibilità. Al confronto, organizzato ancora da Asvis, hanno preso parte esponenti di diverse forze partitiche, chiamati a esporre la propria visione rispetto alle modalità con cui affrontare la sfida posta dall’insostenibilità dell’attuale modello ambientale, sociale, economico e democratico-istituzionale.
Qualcuno è arrivato giusto in tempo per parlare, senza aver prima ascoltato gli altri punti di vista; qualcun altro ha cominciato a parlare dell’insostenibilità dei flussi migratori (Lega Nord) o si è perso in tecnicismi propagandando la democrazia diretta (Movimento 5 Stelle); altri ancora hanno affermato la necessità di un ritorno al centro della politica (Sinistra Italiana). L’unica certezza è la continuità di un atteggiamento evasivo da parte della classe politica italiana rispetto allo sviluppo sostenibile: tutti concordi nel ritenere che ci sia un problema, tutti a puntare il dito contro questo o quel responsabile, ma quasi nessuno capace di proporre soluzioni e visioni per uno sviluppo differente.
La sfilata di interventi di martedì mattina lascia dietro di sé una scia di perplessità. Non c’era traccia dei principi di integrazione, universalità e partecipazione che dovrebbero informare l’intera strategia per correggere la rotta dall’insostenibilità alla sostenibilità.
L’Italia si presenta di fronte a queste sfide claudicante. Da un lato ci sono debolezze di stampo giuridico-istituzionale recuperabili, se lo si fa rapidamente. Dall’altro manca una strategia di attuazione anche di ciò che a livello normativo è stato già definito. Come sempre, non c’è visione sistemica degli interventi effettuati, e in alcuni settori non si ravvisa un insieme di interventi coerenti né sul piano legislativo nè tantomeno su quello attuativo.
La strategia italiana che dovrebbe affrontare in modo organico la risposta all’insostenibilità verrà presentata a giugno: sarà il momento del check up. Nel frattempo Asvis sta lavorando al primo Festival italiano dello sviluppo sostenibile, un’iniziativa che coinvolgerà tutto il territorio nazionale dal 22 maggio al 7 giugno, toccando i temi più disparati e connessi alla sostenibilità. L’esito di questo lavoro sarà consegnato al legislatore.
Mondoperaio segnala da tempo l’urgenza di un intervento organico, a partire dal territorio. I socialisti hanno applaudito allo scorso congresso la proposta di iniziare con decisione e serietà un cammino ottimista e fermo verso nuove politiche, capaci di garantire un ambiente (in senso stretto e in senso lato) che garantisca un futuro ai giovani. Perché un tema implicito ma mai emerso chiaramente, tra quelli toccati ieri, è l’equità intergenerazionale: altro tema a cui non si è sentito dare alcuna risposta dagli esponenti presenti.
Bolle la terra, bolle la società. Per far diminuire la pressione non basteranno piccole valvole di sfogo, è necessario un intervento strategico studiato con cura, e soprattutto implementato. Mondoperaio affronterà questi temi nel prossimo numero, partendo ancora una volta dal territorio e approfondendo in particolare il disegno di “Casa Italia”, collegandolo a un altro progetto fondamentale per poter guardare al futuro, senza sentirsi un passo indietro agli altri (le “smart cities”).
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