Non ho mai usufruito dell’immunità parlamentare. La prima volta che venni eletto al Parlamento ricevetti contemporaneamente la relativa comunicazione prefettizia e la nota con cui il Tribunale di Roma mi avvisava dell’estinzione, per intervenuta amnistia, del reato (responsabilità oggettiva in diffamazione a mezzo stampa) per cui ero sotto processo da sette anni (benchè il codice prevedesse il giudizio “per direttissima”).
L’articolo 68 della Costituzione, comunque, non salvò Tanassi dalla condanna che venne invece risparmiata al suo collega democristiano (“Non ci faremo processare nelle piazze”): e soprattutto non impedì la saga di Mani Pulite.
Avrebbe potuto bensì salvare il sistema politico della prima Repubblica, se il Parlamento non avesse lasciato cadere nel silenzio il discorso pronunciato da Craxi a luglio del 1992. Ma quel Parlamento preferì invece aspettare un anno, per poter sfruttare gli ambigui margini di manovra che l’articolo 68 consente, respingendo a scrutinio segreto un’autorizzazione a procedere contro Craxi al solo scopo di far processare il leader socialista nelle piazze.
Il primato della politica (che l’articolo 68 dovrebbe tutelare) si difende infatti innanzitutto esercitando l’etica della responsabilità: quella alla quale Craxi richiamò le forze politiche nel 1992, ed anche quella che i franchi tiratori dell’anno successivo violarono per scatenare la piazza.
Non a caso, del resto, da allora la piazza si è trasferita in Parlamento. Come valutare, altrimenti, l’autorizzazione ad eseguire misure di custodia cautelare più volte concessa senza neanche interrogarsi sulla sussistenza (mesi e mesi dopo la loro richiesta) dei presupposti che si giustificano solo per ragioni d’urgenza?
Come si vede, quindi, ormai quella dell’articolo 68 è un’arma (di difesa) quasi irrimediabilmente spuntata: il che non toglie, tuttavia, che sia sacrosanto il principio per cui deve essere garantita l’insindacabilità dei legislatori. Che poi la garanzia vada estesa ai membri del nuovo Senato è questione che andrà valutata quando si capirà meglio quale sia il ruolo di questo oggetto misterioso nel procedimento legislativo.
Un’ultima considerazione: è davvero curioso che si metta così sbracatamente in discussione l’autodichia del Parlamento proprio quando l’autodichia dell’Ordine giudiziario mostra tutti i propri vizi. A Milano ci sono imputati pronti a impugnare (legittimamente) la correttezza delle procedure cui sono sottoposti perché il Csm non ha risolto il conflitto d’attribuzione fra Robledo e Bruti Liberati. Ed anche in questo caso quando si viola l’etica della responsabilità si corrono seri pericoli.