Molti osservatori pongono l’accento sull’ipotesi per la quale papa Francesco colmerebbe un vuoto, lasciato soprattutto dalla sinistra. A parer mio la forza dell’attuale vescovo di Roma risiede principalmente nella capacità di incarnare due volti della chiesa: uno bonario, rassicurante, consolatore; l’altro, per così dire, perturbante, poco familiare. La vedova, l’orfano, il malato, il migrante, insidiano interessi, certezze, pregiudizi. E il messaggio cristiano è a suo modo sconvolgente, destabilizzante. Dinanzi ad esso la stessa “tradizione religiosa” resta frastornata e traballa, e i conflitti, specie quelli interiori, si acuiscono. Così la predicazione di Francesco segna una sorta di cesura rispetto alla nostra quotidianità, rispetto alla stanca ripetizione dei soliti copioni. Da qui la sana inquietudine da lui di recente invocata.
D’altra parte Bergoglio è anche il pastore della misericordia e della tenerezza (e sulla tenerezza quale aspetto dell’amore insiste tanto, ad esempio, una pensatrice della differenza sessuale come Luce Irigaray). Ecco il volto rassicurante. Ѐ però sul primo aspetto, quello perturbante, che si può forse tessere una trama fra cristiani di diverse denominazioni e spirito laico, antidogmatico. Lasciarsi sorprendere dal nuovo e dall’imprevisto, ecco oggi di cosa avremmo bisogno. L’umanità dell’essere umano è in quell’apertura fondamentale, ed è da cercare in essa il dialogo fra le culture e le fedi.