Sul Fatto quotidiano di stamattina Marco Travaglio dà il meglio di se stesso. Per infangare i firmatari del “contromanifesto” di Bedeschi, Berti e Cofrancesco, non trova di meglio che usare l’aggettivo “craxiano” come un insulto. E denuncia (mai termine fu più appropriato) che “alle autorevoli adesioni dei craxiani Ostellino e Pellicani se ne sono aggiunte altre 46, fra cui quella del craxiano Luigi Covatta e, per fare buon peso, quella del craxiano Giuliano Ferrara”; per cui “per ricostituire l’indimenticabile Assemblea Socialista (quella dei ‘nani e ballerine’, Rino Formica dixit) mancano soltanto Sandra Milo e il geometra Filippo Panseca (quello della piramide simil-egizia in onore del faraone Bettino I)”.
Ostellino, Pellicani e Ferrara non hanno certo bisogno di me per replicare: solo con l’ultimo mi posso misurare, ma esclusivamente riguardo al “buon peso”. Nel mio piccolo non posso che essere orgoglioso di avere fatto parte di un’ assemblea che difficilmente può essere definita rispolverando una vecchia, estemporanea ed infelice battuta di Rino Formica: di aver fatto parte, cioè, di un’assemblea in cui sedevano fra gli altri Francesco Alberoni, Arduino Agnelli, Gianni Baget Bozzo, Franco Barberi, Renato Barilli, Gianni Brera, Valerio Castronovo, Enzo Cheli, Massimo Severo Giannini, Alberto Lattuada, Francesco Margiotta Broglio, Alberto Martinelli, Guido Martinotti, Walter Pedullà, Paolo Portoghesi, Francesco Rosi, Giorgio Saviane, Stefano Silvestri, Mario Soldati, Giorgio Spini, Vittorio Strada, Giorgio Strehler, Umberto Veronesi, Sergio Zavoli e Bruno Zevi,( oltre a Luciano Pellicani e Giuliano Ferrara, che sono stati già iscritti nel registro degli indagati).
Del resto sono orgoglioso perfino di aver fatto parte di un partito che portò al governo Giuliano Amato, Giorgio Ruffolo, Francesco Forte, Gino Giugni, Antonio Ruberti e Giuliano Vassalli: tanto orgoglioso da non offendermi se qualcuno mi definisce “craxiano” nonostante la mia lunga militanza lombardiana. E neanche se qualcuno mi annovera fra i “noti frequentatori di se stessi”: sempre meglio che frequentare cancellieri e questurini.
Grande Gigi!
La nostra storia comune che parte dall’MPL, caro Gigi, ci consente di condividere pienamente la risposta ai giudizi rancorosi di questo signore che pontifica, ormai, più dei vecchi pontefici.
All’abate Sieyes, quando chiesero che cose avesse fatto dal 91 al 94 mentre lavorava la ghigliottina, non restò che l’impacciatissima risposta “ho vissuto”. A te, direttore, onore immensamente maggiore: aver sputato in faccia a Robespierre. Chapeau
Siamo tutti “craxiani”. Complimenti per il contro-manifesto e per la nota su Travaglio.
Anche da non craxiano sono d’accordo con Covatta. Il piccolo Vishinsky del Fatto cede sempre alla tentazione della calunnia e della diffamazione. Quante volte ha già perso.
Grazie direttore! Sia lei che Mauro Del Bue all’Avanti on line ristabilite sempre delle verità storiche che troppi non vogliono vedere o sentire.
«Gesù ci ricorda che anche le parole possono uccidere! Pertanto, non solo non bisogna attentare alla vita del prossimo, ma neppure riversare su di lui il veleno dell’ira e colpirlo con la calunnia» (Papa Francesco). Saluti socialisti!
Pontifica ma almeno nessuno gli ha tirato le monetine…
Egregio direttore vorrei farti presente che in questo modo non rendi un buon servizio né a Craxi né al PSI. Il contro manifesto non andava fatto per il semplice motivo che questo Parlamento di nominati non rappresenta nessuno, ma dico proprio nessuno. Craxi voleva le riforme istituzionali in un Parlamento proporzionale molto più autorevole di questo. Vorrei ricordarti, inoltre, tutti i socialisti che nel 1947 promulgarono la Costituzione e ti domando ma in tutti questi anni dove i socialisti erano sottoposti ad offensive e improperi tutti questi orgogliosi craxiani dov’erano? Vorrei farti presente che non ho mai rinnegato l’idea e non come Pietro che rinnegò tre volte. Vi pregherei di smetterla con queste inutili pseudo-rivincite. Cordiali saluti. Compagno Luigi Proia.
Caro Proia, il direttore di Mondoperaio non deve rendere servizi a nessuno, ma soltanto tenere in vita, con coerenza e dignità, idee che sulla rivista circolano almeno dal lontano 1977. Alla Costituente i socialisti non furono tra i protagonisti (come invece lo furono, grazie a Nenni, nel referendum del 1946), perchè nel frattempo si erano divisi in due partiti. E comunque, personalmente, non ho dimenticato la lezione di Piero Calamandrei, alle cui idee sulla Costituzione si è ispirata la rivista negli ultimi trentasette anni. Il “parlamento dei nominati” è anche quello in cui sono tornati a sedere i rappresentanti del Psi, e comunque è l’unico parlamento che c’è: Nenni, che se ne intendeva, ci ha insegnato a temere i vuoti di potere. Anch’io avrei preferito che le riforme venissero varate da un’ assemblea costituente eletta col proporzionale: ma quando, qualche anno fa, lo proponemmo con Formica, De Michelis, Martelli e Acquaviva, nessuno ci diede retta, ed in democrazia anche questo conta. Senza dire che se la nostra proposta fosse andata a buon fine Zagrebelsky, Rodotà e Travaglio sarebbero insorti a difesa dell’articolo 138. Infine: dove sono stato io in questi vent’anni puoi facilmente verificarlo, perchè non sono stato zitto. In ogni modo non sono stato in Parlamento coi voti altrui. Quanto a “Giovannino”, mi dispiace che non si firmi, per cui non posso restituirgli le monetine che merita.
Egregio direttore ritengo ti debba due precisazioni: il vocabolo servizio era inteso come servizio giornalistico; per quanto riguarda i rappresentanti socialisti al Parlamento non sono stati eletti come rappresentanti del PSI ; sono anni che non presentiamo la lista perché si ritiene che non raccoglieremmo il consenso sperato. Il consenso, però a mio avviso si otterrà soltanto quando ritorneremo in mezzo al popolo per risolvere insieme ai cittadini i gravosi problemi che ci affliggono. Cordiali saluti compagno Luigi Proia.