Che le nozze gay rappresentino per l’Italia “un’emergenza” è opinione rispettabile di Ivan Scalfarotto (La Repubblica del 4 gennaio). Che siano un grimaldello per scardinare gli equilibri di governo è invece opinione di molti (anche se in pochi avevano previsto che all’uopo sarebbe bastata una battuta del segretario pop). Come andrà a finire con Fassina lo vedremo nei prossimi giorni. Ma come dovrebbe andare a finire con le nozze gay ci permettiamo di suggerirlo subito.
Quando la Dc era al centro del sistema non fu impossibile al Parlamento approvare la legge sul divorzio e quella sull’aborto. Anche perché, allora, nessuno si sognava di farne materia di accordi di governo. L’intesa, tacita, era che sui diritti civili non c’erano vincoli di maggioranza. Il che non impedì che il confronto fosse aspro, e si prolungasse attraverso due referendum. Come sempre, peraltro il confronto fu anche produttivo, e nel caso della legge 194 diede luogo (soprattutto grazie al dialogo fra cattolici democristiani e cattolici non democristiani) ad un risultato che allora dispiacque a Pannella e che vent’anni dopo venne definito “intoccabile” dal cardinal Ruini. Senza dire che fu in quel clima che maturarono – questa volta senza spaccature – altre riforme importanti come quella del diritto di famiglia.
Sarà stato consociativismo: ma se il consociativismo è questo, aridatece er puzzone. Se invece il consociativismo è quello che consente di scavalcare gli alleati di governo per stabilire rapporti morganatici con l’opposizione, abbiamo già dato. Probabilmente il segretario pop si offenderebbe ad essere paragonato a De Mita. Ma il suo “arco costituzionale” – in seno al quale trattare sulla legge elettorale e magari anche sulle nozze gay – non è molto diverso da quello con cui il leader irpino tenne sulla graticola Craxi. Neanche allora le riforme si fecero. Ma allora si ottenne di ritardare l’evoluzione del Pci verso l’approdo socialdemocratico. Ora si può ottenere – come osserva stamattina perfino Scalfari – di ritardare l’evoluzione del centrodestra verso un approdo postberlusconiano.