“Beati i perseguitati per causa della giustizia perché di essi è il Regno dei Cieli” (Matteo 5,3):

fra i tanti “consigli” di soggetti anche ragionevoli (da Letta Gianni a Confalonieri Giulio), nessuno si è ricordato di questa “beatitudine” del famoso discorso della Montagna, di cui Matteo ci dà la versione più fascinosa. Chi tra gli anziani come me ricorda il film “Vangelo secondo Matteo” di Pierpaolo Pasolini ha ancora i brividi al pensiero della declamazione di Enrico Maria Salerno per la figura di un bellissimo Cristo. Una dimenticanza, quella degli illustri consulenti-plaudenti del Cavaliere? O non, forse, il pensiero, molto retrò, che uno come lui sia talmente intangibile da umane miserie da non poter avere sofferenze di sorta, neppure “a causa della giustizia”?
A meno che, in tutta coscienza, al netto di quanto sbandierato ai quattro venti in tutti questi anni, egli non si senta affatto “perseguitato a causa della giustizia”, al punto da non sentire il bisogno di rifugiarsi nella speranza-certezza del Vangelo: i perseguitati a causa della giustizia avranno il Regno dei Cieli. Oppure, più prosaicamente, il Cavaliere, a parte la sua madre molto devota e la sua zia suora, è circondato da gente ignorante, che prevalentemente, lo “usa” anche nelle sue disgrazie: come quella senatrice dal cognome roboante, ma dai gusti banali e “da bancarella” – di cui a t-shirt molto opinabili e certamente sguaiate – e dall’uso davvero improprio delle aule parlamentari. Immaginate se il Cavaliere avesse condito la giaculatoria ventennale della persecuzione da parte “di pm comunisti e politicizzati” con il solenne richiamo al discorso della Montagna secondo Matteo. Prima che una umanissima lacrima rigasse il suo volto avrebbe potuto gridare: “Anche nostro Signore Gesù Cristo aveva previsto l’uso improprio della giustizia a fini persecutori, tanto da definire ‘beati’ i ‘perseguitati’ come me, ed assegnare loro, me compreso, il Regno dei Cieli”.
Una occasione persa fra i meandri dei consigli banali profusi da persone lautamente pagate. Una tragedia che non riesce ad averne il pathos e l’intensità: tutta giocata sui destini personali di troppi, e di troppe, con sullo sfondo – molto sullo sfondo, lontani – gli interessi del paese e della sua gente.
Naturalmente il merito del processo, i fatti di cui al processo, le carte, le prove più o meno fondate interessano pochi, di qua e di là: presi come sono, i più, dagli aspetti “spettacolari” della sentenza e dalle sue conseguenze sul piano politico ed istituzionale. Al netto della verità, comunque “macchiata” da dichiarazioni improvvide ed anche da questa sorta di valore assoluto che si attribuisce alle sentenze, dimenticando che esse provengono sempre da uomini, in quanto tali fallibili, ancorchè, probabilmente, spesso in buona fede. Questa volta lo ricordo sommessamente io: se non ci fosse questo pericolo dalla giustizia degli uomini, nostro Signore Gesù Cristo non avrebbe avuto la “preoccupazione” di dichiarare “Beati i perseguitati a causa della giustizia” e di assegnare loro “il Regno dei Cieli”. O no?! Ma tutto questo al Cavaliere nessuno lo ha saputo dire. E di conseguenza neppure a tutti noi, poveri mortali.