Per il momento Bersani rimane in sella. La direzione del partito, infatti, ha approvato la proposta del segretario quasi all’unanimità (c’è stato soltanto un astenuto). Stamattina molti commenti ci spiegano che questo risultato vuol dire poco. Anche chi non è del tutto convinto dalla strategia di Bersani, e si è capito che di perplessi ce ne sono diversi, ha preferito dare all’esterno un segnale di unità. In effetti, litigare in diretta streaming non sarebbe stata una grande idea (e questo dice qualcosa sull’ambiguità della trasparenza. Ciò che si vede e si sente non è “la realtà”, ma ciò che attori consapevoli mettono in scena a beneficio del pubblico). Per ora si procede uniti, quindi, ma le cose potrebbero cambiare se la “strada stretta” indicata dal segretario fosse ostruita del tutto. Gli ostacoli potrebbero venire da parti diverse.
Da Grillo, che potrebbe rispedire al mittente la proposta degli otto punti di programma da cui far partire un governo sostenuto – in forme che al momento non sono chiare – anche dal M5s. Da Monti (che proprio ieri è uscito dal silenzio politico con una conferenza stampa nel corso della quale i neoeletti di Scelta Civica hanno trasmesso ai giornalisti presenti la loro soddisfazione per il risultato elettorale e l’entusiasmo per il compito che li attende), che potrebbe rifiutarsi di sostenere un governo insieme ai grillini, oppure obiettare a qualcuno degli otto punti proposti da Bersani. Persino da Napolitano, che potrebbe esercitare le sue considerevoli capacità di persuasione, per convincere i democratici che tentennano a non andare fino in fondo nel proposito di formare un governo con il M5s. Ipotesi, quest’ultima, che potrebbe avverarsi se, come è probabile, Grillo non assumesse alcun impegno definito. A questo punto, anche ammesso che Napolitano abbia nel frattempo affidato un “incarico esplorativo” a Bersani, il Presidente della Repubblica avrebbe le mani libere per trovare un diverso tipo di accordo in parlamento.
Alla luce di queste considerazioni, non scommetterei sulla durata della segreteria Bersani. Verosimilmente questa è anche l’impressione di Matteo Renzi, che ieri si è affacciato alla riunione della direzione, ma è andato via presto e senza prendere la parola.
A differenza di altri, tuttavia, non riesco a essere lieto di questa prospettiva. Non solo perché la mia impressione di Bersani come leader politico rimane buona: mi sembra una persona seria, ha evitato toni esasperati in campagna elettorale, mostra una lodevole tenacia nelle avversità (l’ultima virtù, in particolare, non appare molto diffusa tra i dirigenti del partito democratico). Ma anche perché temo che l’ipotesi di un partito che, dopo la mazzata che ha preso, riparte come una Ferrari solo perché c’è Renzi al volante mi sembra altrettanto credibile di quella che Berlusconi accetti una legislazione seria sul conflitto di interessi. Quest’ultimo esempio ci riporta alla strategia di Bersani. In queste ore si ha l’impressione che tra gli elettori del PD stia montando l’onda del “mai più con Berlusconi”. Da questo sentimento Bersani cercherà di trarre forza. Devo confessare che anche io vorrei condividerlo, anche se temo che non influirà positivamente sullo sbocco della crisi politica in cui ci troviamo.
Forse anche questa, tra le altre, sarà una conseguenza della situazione in cui ci troviamo. Dopo esserci abituati a essere un paese in cui un numero straordinario di persone trovano qualche ragione per lodare Mussolini e il fascismo, dovremo anche farci una ragione del fatto che una porzione consistente dei nostri concittadini trova auspicabile, normale, o comunque tollerabile che Berlusconi rimanga una delle figure di spicco della politica italiana.
Non lodo Mussolini ma Togliatti: il quale nel 1944 non lisciò il pelo ai grillini dell’epoca (fra i quali non mancavano socialisti ed azionisti), ma entrò in un governo presieduto da un personaggio molto peggiore di Berlusconi e giurò nelle mani di un re molto peggiore di Badoglio. Purtroppo, però, l’affermazione di Mario Monti secondo la quale il Pd sarebbe nato nel 1921 è stata seccamente smentita.
In effetti, non ci sono procure che indagano Berlusconi per l’uso di gas. Scherzi a parte, le mie osservazioni finali non esprimevano un giudizio morale in termini assoluti sul leader del PdL. La storia è un catalogo di possibilità anche dal punto di vista morale, e offre ampie illustrazioni di come si possa fare del male su vasta scala e con intensità raccapricciante. Berlusconi non lo troviamo nelle pagine di questo catalogo, e hanno sbagliato tutti quelli che in questi anni sono ricorsi a espressioni iperboliche e a paragoni azzardati per contrastarlo. Tuttavia, ci sono forme di immoralità (privata e pubblica) più modeste che possono far male lo stesso. Specie se perpetrate da persone che hanno una grande capacità di orientare gli atteggiamenti altrui (osservo, per inciso, che Badoglio non ha influenzato il costume, la lingua, il modo di pensare e di parlare quanto Berlusconi). Sotto questo profilo, il mio giudizio su Berlusconi è molto netto. Oggi stiamo peggio di come stavamo nel 1994 anche perché lui ha dato un contributo determinante a erodere il terreno su cui la cultura pubblica e il senso delle istituzioni di questo paese, precariamente, stavano in piedi. Ha fatto sembrare normali cose che non possono essere accettate – e infatti non lo sono – in nessuna democrazia occidentale. Mi sbaglierò, ma sono convinto che senza Berlusconi non avremmo oggi Grillo e Casaleggio. Di qui il sentimento espresso alla fine del mio intervento. Ciò detto, ho scritto, e lo ribadisco, che nutro forti dubbi che il tentativo di Bersani vada a buon fine. Quindi può darsi che saremo costretti a salutare un governo di unità nazionale con il PdL che veda Berlusconi ancora in una posizione di spicco. Accetteremo anche questo. Ma francamente non riesco a capire perché dovremmo farlo con gioia.
Sull’altra questione che sollevi, ovvero l’analogia tra il Togliatti “realista” del 1944 e il Bersani di oggi che “liscia il pelo” ai grillini, ci vorrebbe una discussione più approfondita di quella che si può fare in un commento per un blog. Mi limito a osservare che la situazione di oggi non mi sembra paragonabile a quella del 44. Non solo perché non c’è una guerra in corso (la crisi che stiamo vivendo è grave, ma non è la seconda guerra mondiale). Quei radicali del 44 erano interlocutori politici per Togliatti, che parlavano la sua stessa lingua, anche se proponevano soluzioni che lui considerava politicamente impraticabili. Gli eletti delle liste del M5s hanno ben poco in comune con quella che tu e io consideriamo cultura politica. Eppure stanno facendo politica, hanno preso i voti, sono in parlamento. Questo, secondo me, è un problema per noi, non per loro. Se oggi Togliatti fosse vivo sono sicuro che avrebbe già da tempo messo insieme un gruppo di lavoro nel partito per studiare il fenomeno, per capire chi sono gli interlocutori, cosa vogliono. Forse avrebbe persino lisciato un po’ loro il pelo, come ha fatto in altre circostanze con i cattolici oppure con gli ex fascisti. Come ho detto, mi sembra probabile che alla fine dai grillini non verrà alcun contributo costruttivo all’uscita dalla crisi, può darsi davvero che la loro visione del futuro sia quella che si trova nel video “Gaia” curato da Casaleggio & associati (una visione istruttiva). Ma sono anche convinto che un tentativo vada fatto. Ci sono tanti che hanno votato Grillo per dare un segnale, e molti altri potrebbero farlo in futuro, che in queste ore stanno alla finestra e osservano. Tra questi elettori, attuali o potenziali, del M5s tantissimi sono giovani. Dare l’impressione che la loro opinione non conta non mi sembra una mossa politica felice. Ma su questo non pretendo di avere certezze.
Proprio per avere fatto il compromesso con Badoglio nel 1944 Togliatti due anni dopo potè rivolgere “discorsi seri ad uomini faceti”, che erano quelli ai quali aveva dato voce Guglielmo Giannini. Perchè faceva politica, non “gruppi di lavoro” di mediocre interesse sociologico. E chi fa politica prima di esplorare il futuro ignoto si preoccupa di presidiare il presente noto.